È improbabile che Charli XCX, che solo un anno fa era parte della cosiddetta “classe media” del pop, avesse immaginato la sua ascesa nel 2024. Quando l’onda di Brat è arrivata a giugno, si è trasformata in uno tsunami che ha definito la scorsa estate a ogni livello (provate voi a spiegare a un viaggiatore nel tempo catapultato nel 2024 cosa significa “Kamala IS brat”). Ora la cantante britannica è tornata con la versione remix di quel disco, che è una tesi sulla celebrità. In alcuni casi Brat and it’s completely different but it’s also still Brat suona familiare, come quando arriva il contributo di Lorde in Girl, so confusing e quelli di Robyn e Yung Lean in 360. Ma altrove il disco ha uno sguardo fresco, molto distante dai soliti remix dei dischi pop, come quando la rapper spagnola BB Trickz entra in Club classics, o quando i sussurri di Matty Healy dei 1975 e l’arrangiamento di Jon Hopkins danno una nuova veste a I might say something stupid. Charli ha scritto nuovi versi e in So I, un pezzo nel quale insieme al producer A.G. Cook rende omaggio alla scomparsa Sophie, sembra chiedersi se il suo momento di gloria non sia già nello specchietto retrovisore. In I think about it all the time riflette con l’aiuto di Bon Iver sulle sua paure di perdersi la maternità. Ora che l’estate di Brat è finita, Charli XCX rimane l’artista che i fan della prima ora riconosceranno: una brava collaboratrice, una testa pensante del pop e un’artista lucida. Poco importa se il suo momento d’oro finirà, Charli e i suoi amici sono sempre cool.
Hattie Lindert, Resident Advisor

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Questo articolo è uscito sul numero 1585 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati