Per Terumi Tanaka il bombardamento atomico di Nagasaki nel 1945 è stato il momento determinante della sua vita. Tanaka è diventato una figura di spicco della Nihon Hidankyō (l’Organizzazione giapponese delle vittime delle bombe atomica e a idrogeno), che quest’anno ha ricevuto il premio Nobel per la pace.

Tanaka, 92 anni, ne ha trascorsi quasi settanta insieme alla Hidankyō a lottare per l’abolizione delle armi nucleari. “La questione non riguarda solo gli hibakusha (i sopravvissuti all’atomica)”, ha detto Tanaka durante una conferenza stampa il 12 ottobre, il giorno dopo l’annuncio del Nobel. “Può sembrare esagerato, ma riguarda l’intera umanità. Chiunque è una potenziale vittima”.

Il 9 agosto 1945 Tanaka, che all’epoca frequentava il primo anno delle scuole medie, se ne stava steso a leggere un libro al secondo piano della sua casa di Nagasaki quando sentì un aereo. Incuriosito, si affacciò alla finestra ma non vide niente. Nell’istante in cui ritirò la testa, si sentì investito da una luce che ha descritto come “aria bianca”. Corse al piano di sotto e si buttò faccia a terra coprendosi con le mani occhi e orecchie. Svenne, ma si riprese quando sua madre lo chiamò.

Tanaka ricorda che fuori di casa si vedevano rovine a perdita d’occhio divorate dalle fiamme. C’erano cadaveri ovunque, troppi per poterli contare, alcuni carbonizzati, altri gonfi come palloni.

L’immagine della cremazione di sua zia e della raccolta delle sue ceneri lo avrebbe perseguitato a lungo. Si stima che alla fine del 1945 i morti provocati dal bombardamento atomico di Nagasaki fossero 74mila. A Hiroshima, che tre giorni prima era stata colpita dal primo bombardamento atomico della storia, si stima che siano state 140mila.

Fuori di casa si vedevano rovine a perdita d’occhio divorate dalle fiamme. C’erano morti ovunque, troppi per poterli contare

Per anni dopo la fine della guerra gli hibakusha non hanno ricevuto né risarcimenti né sussidi dal governo. Per la famiglia di Tanaka fu difficile tirare avanti. Il padre era morto quando lui aveva cinque anni e la sua famiglia dipendeva economicamente da cinque parenti, tutti morti vicino all’epicentro. La madre trovò lavoro in un velodromo, il fratello in un cantiere. Quando non era a scuola, Tanaka dava una mano facendo il facchino al porto. Le compagne che avevano perso i capelli a causa delle radiazioni si coprivano la testa con della stoffa. Alcuni suoi compagni di classe morirono all’improvviso.

Nel marzo 1954 gli Stati Uniti testarono una bomba a idrogeno vicino all’atollo di Bikini, nelle isole Marshall. L’equipaggio della Daigo Fukuryū Maru, un peschereccio giapponese impegnato nella pesca del tonno che in quel momento stava operando nel Pacifico, fu esposto alla nube radioattiva e in seguito il radiotelegrafista morì. “Gli Stati Uniti vogliono continuare a produrre bombe nucleari oltre alle due sganciate su Nagasaki e Hiroshima”, pensò all’epoca Tanaka.

In Giappone si moltiplicarono gli appelli per l’eliminazione delle bombe atomiche e a idrogeno. Una raccolta di firme lanciata dalle casalinghe di Suginami, un quartiere di Tokyo, arrivò in tutto il paese. Tanaka, come altri sostenitori, andò a raccogliere le firme di casa in casa. Alla fine gli sforzi furono ricompensati. La prima conferenza mondiale contro la bomba atomica e quella a idrogeno si tenne a Hiroshima il 6 agosto 1955, e la seconda a Nagasaki il 9 agosto 1956. In occasione della conferenza del 1956 Chieko Watanabe, paralizzata dalla vita in giù per il bombardamento di Nagasaki, salì sul palco in braccio alla madre. “Voi che siete arrivati qui da tutto il mondo, fotografatemi”, disse Watanabe al pubblico. “E fate in modo che non possa esistere mai più una persona come me”.

Tanaka, era a casa per le vacanze estive dell’università e partecipò all’incontro. Nell’atto costitutivo della Nihon Hidankyō, nata proprio in quell’occasione, è scritto: “Noi che fino a oggi siamo sopravvissuti in silenzio, depressi e segregati non possiamo più stare seduti in disparte, ci uniamo per alzarci, mano nella mano”. Da allora la Hidankyō ha un duplice obiettivo: ottenere sostegno per gli hibakusha che soffrono gli effetti delle radiazioni ed eliminare le armi nucleari. Tanaka è stato segretario generale della Hidankyō per vent’anni, lavorando al tempo stesso come ricercatore all’università del Tōhoku. Nel 2017 è stato nominato copresidente.

In direzione sbagliata

Il numero di hibakusha in possesso del certificato di sopravvissuti all’atomica sta diminuendo: nel 1980 erano circa 370mila, lo scorso marzo erano 106mila. Con il passare degli anni molti hibakusha della Hidankyō sono morti. Quando, in conferenza stampa, gli è stato chiesto che messaggio avrebbe avuto per loro, con grande emozione Tanaka ha risposto: “Gli direi che il nostro movimento ha finalmente ricevuto un riconoscimento dal comitato per il Nobel e che ora la sua visibilità sarà più grande”.

Il 12 ottobre Tanaka ha ricevuto la telefonata del nuovo primo ministro Shigeru Ishiba, che voleva congratularsi con lui. Ishiba gli ha confessato che quand’era alle elementari non riusciva a guardare i filmati girati a Hiroshima dopo il bombardamento. Tanaka da parte sua si è detto preoccupato per una dichiarazione del premier sulla possibilità di rivedere i tre princìpi non nucleari adottati dal Giappone dopo la fine della seconda guerra mondiale, in base a cui non sono ammessi il possesso, la produzione o l’ingresso di armi nucleari nel paese. “Temiamo che le cose vadano in direzione opposta ai nostri appelli”, ha detto Tanaka a Ishiba. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1585 di Internazionale, a pagina 36. Compra questo numero | Abbonati