Il 21 ottobre 2024 il governo italiano ha approvato un decreto legge che prevede un elenco di 19 paesi considerati sicuri tra cui l’Egitto e il Bangla­desh, paesi di origine del primo gruppo di migranti portati nei centri di detenzione in Albania la scorsa settimana. Lo strumento del decreto legge fa sì che la lista sia contenuta in una norma primaria. È il tentativo del governo Meloni di aggirare la decisione del tribunale di Roma che il 18 ottobre non aveva convalidato, citando ragioni strutturali legate al percorso di accoglienza in Albania, il decreto di trattenimento di 12 dei 16 migranti (gli altri quatto erano stati subito trasferiti in Italia) soccorsi in mare e portati nei centri in Albania aperti dal governo italiano per trattenere i migranti provenienti da paesi considerati sicuri, che per questo hanno un esame velocizzato della richiesta d’asilo. Una decisione commentata dalla stampa europea: “Il governo di estrema destra italiano”, scrive sul Guardian Lorenzo Tondo, “ha approvato un decreto legge per annullare una sentenza del tribunale che rischia di bloccare l’accordo multimilionario con l’Albania per limitare gli arrivi dei migranti in Italia. La sentenza mette in dubbio la fattibilità e la legalità dei piani dell’Unione europea per istituire centri di detenzione dei migranti fuori dell’Unione, adottando un approccio intransigente sulla questione. È un duro colpo per Giorgia Meloni, che rischia di trasformare l’iniziativa in quello che operatori umanitari e opposizione definiscono un ‘fallimento completo’ e un ‘disastro finanziario’”. Secondo Íñigo Domín­guez, corrispondente in Italia del País, “bisogna stabilire quali paesi sono considerati sicuri. Non si capisce che appigli giuridici possa avere il governo italiano, visto che il tribunale di Roma ha applicato una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, che ha ridotto da 22 a sette la lista dei paesi sicuri, per i quali è valido il controverso protocollo di gestione rapida dell’asilo e delle espulsioni che l’Italia sta adottando in Albania”. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1586 di Internazionale, a pagina 34. Compra questo numero | Abbonati