Il trauma come
un’arma di guerra

◆ L’articolo di Naomi Klein mi ha lasciato delle perplessità (Internazionale 1585). Se, come scrive, l’obiettivo di molte opere e installazioni che promuovono la “cultura della memoria” (ben oltre i confini di Israele) è quello di trasferire il trauma al visitatore, mi chiedo se dovremmo allora stare alla larga dalla gran parte di musei, memoriali, eventi che in Italia e in Europa sono dedicati alla guerra e alla resistenza. Nella mia città, Torino, per fare solo un esempio, c’è un museo che usa anche l’esperienza immersiva per tentare di rendere l’idea di una città sotto le bombe, le fucilate, le rappresaglie nazifasciste. Sono abbastanza certo che nessuno, tra quelli che visitano quei luoghi, sia stato vittima di un “trauma artificiale” o abbia la sensazione di essere strumentalizzato dal “dualismo semplicistico tra bene e male”. E sono certo che i viaggi che portano migliaia di studenti presso i campi di concentramento nazisti in Europa non possano essere liquidati come “turismo macabro”. La comprensione corretta dei fatti non compromette la piena consapevolezza della parte giusta della storia in cui stare. Non c’è dubbio che sia aberrante equiparare la Shoah all’eccidio del 7 ottobre. Allo stesso modo rifiuto l’idea di una classifica dei genocidi, con la denuncia del più recente che si sovrappone e cancella la memoria di quello più antico.
Giorgio Massimetti

◆ Ho letto l’articolo di Naomi Klein. Lo trovo molto bello, inquietante e ricco di spunti.
Andrea Garibaldi

In Italia la fecondazione eterologa è un tabù

◆ L’articolo di Cecilia Attanasio Ghezzi sulla fecondazione eterologa mi ha lasciato qualcosa su cui riflettere (internazionale.it). Credo di potermi definire femminista e la frase “il personale è politico” riferita alla procreazione medicalmente assistita mi si è attaccata addosso. Non avrei mai pensato di considerare politica la mia diagnosi di infertilità, finché non ho letto i numeri: una coppia su cinque. Vuol dire che è molto probabile che qualcuno dei miei più cari amici stia facendo il mio stesso percorso; che io e una delle mie migliori amiche stiamo vivendo esperienze simili senza dircelo.
Lettera firmata

Il Mondo

◆ Sono abbonato e cerco di ascoltare il podcast ogni giorno. La cosa che mi colpisce è che anche notizie dal titolo poco invitante si rivelano molto interessanti grazie alla bravura dei conduttori e alla competenza degli intervistati.
Carlo Carlotto

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Questo articolo è uscito sul numero 1586 di Internazionale, a pagina 12. Compra questo numero | Abbonati