Il passaggio tra i venti e i trent’anni è davvero poco interessante, a meno che un autore o un’autrice non abbiano il talento di renderlo labirintico, incerto e privo di vergogna. Tagliare il nervo è un’investigazione sensibile e spietata del disorientamento di una giovane donna che oggi è una nota documentarista. Racconta una fuga frustrante e una cocente delusione, l’innocenza di aver trovato qualcosa d’importante però transitorio (anche se si tratta solo di un uomo) e poi il fallimento e il sospetto che quel fallimento non sia colpa della fauna di maschi che la circondano ma delle fantasie che una giovane si fabbrica da sola, inseguendo non si sa bene quale sogno mediatico e propagandistico. Si tratta dei miraggi a cui siamo sottoposti ogni giorno: andare a New York, trovare un supereroe, diventare anche tu una supereroina; e ogni volta arriva puntuale la delusione. Ma prima che quella delusione arrivi e prima che si ripeta inesorabilmente ci sarà un impulso irresistibile a provarci ancora, un impulso a cercare ancora, a scopare, ridere e piangere. Sempre in viaggio, con o senza una borsa di studio: i momenti duri, i ragazzi che vanno e vengono e avventure pericolose punteggiano questa micro-storia piena di riflessioni, di coraggio e di maturità. E alla fine arriva, come una specie di resa, un ritorno a se stesse, anche se temporaneo. Ma alla fine cosa vuole la protagonista di questo libro? Sicuramente faccio fatica a immaginarla ferma in un posto.
Jordi Gracia, El País

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Questo articolo è uscito sul numero 1587 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati