Il giorno di santo Stefano del 2022 Hanif Kureishi era a Roma con la sua compagna italiana, Isabella. A tavola si è sentito male, è svenuto e si è rotto il collo, diventando tetraplegico. Ha passato il 2023 in ospedali italiani e britannici, punzecchiato e invaso in ogni modo. Dal letto mandava aggiornamenti ai suoi lettori che dettava a Isabella e pubblicava sul suo seguitissimo Substack. Queste sue cronache sono state raccolte, editate e ampliate in un memoir. In frantumi mette subito in chiaro che l’umorismo asciutto e diretto di Kureishi è rimasto intatto: “La testa mi è rimasta incastrata lungo il fianco del letto”, scrive quasi all’inizio, “mi è sembrata una buona occasione per un po’ di contemplazione”. Mentre cerca di fare i conti con la sua nuova realtà prova invidia per i corpi integri degli altri. Spesso sembra che cerchi di far ridere Isabella nel tentativo di essere un po’ meno di peso per lei. “La parte peggiore della giornata è quando, verso sera, Isabella si mette il cappotto e se ne va. Quando la vedo uscire dalla porta so che dovrò sopravvivere alla notte da solo”. Questo piccolo sottotesto alla sua arguzia è straziante. I lettori di Kureishi troveranno In frantumi particolarmente potente; la sua voce unica, il suo senso dell’umorismo, i suoi sforzi di dare un senso alla situazione commuovono. Ora Kureishi è tornato a casa, a Londra, ma il suo mondo è cambiato per sempre. Trentacinque anni fa nel Buddha delle periferie scriveva: “Me ne stavo seduto nel centro di questa vecchia città che amavo… circondato dalla gente che amavo. E mi sentivo felice e triste allo stesso tempo. Pensavo a che caos è stato tutto quanto ma che non tutto sarà sempre così”. Non vedo l’ora di leggere tutto quello che ancora deve scrivere.
Dina Nayeri, The Guardian
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Questo articolo è uscito sul numero 1589 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati