◆ L’acidificazione delle acque degli oceani dovuta all’aumento della concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera sta raggiungendo profondità sempre maggiori, avverte uno studio pubblicato su Science Advances. Gli oceani sono il più grande pozzo di carbonio del pianeta e assorbono più di un quarto dell’anidride carbonica emessa dalle attività umane. Questo processo innesca una serie di reazioni chimiche che liberano ioni di idrogeno nell’acqua, rendendola più acida. L’acidificazione è una minaccia soprattutto per gli invertebrati come i molluschi, i crostacei e i coralli, perché rende più fragile il carbonato di calcio di cui sono fatti i loro gusci ed esoscheletri, ma può danneggiare anche altre categorie di organismi marini. Finora i suoi effetti sono stati osservati soprattutto nelle acque di superficie, ma un gruppo di ricercatori ha usato un modello computerizzato per simulare la circolazione dell’anidride carbonica negli oceani, scoprendo che in alcune regioni, come l’Atlantico settentrionale, l’acidificazione può arrivare fino a 1.500 metri di profondità. L’intensità del fenomeno è sufficiente per minacciare alcuni tipi di invertebrati, come gli pteropodi e i coralli di acque profonde. Gli autori dello studio inoltre avvertono che l’acidificazione degli strati inferiori degli oceani è destinata a continuare a lungo: anche se le emissioni di anidride carbonica fossero azzerate immediatamente, il processo andrebbe avanti per circa duecento anni.
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Questo articolo è uscito sul numero 1592 di Internazionale, a pagina 112. Compra questo numero | Abbonati