◆ Quando i clorofluorocarburi, la classe di gas responsabile del buco nell’ozono, sono stati messi fuori legge dal protocollo di Montréal del 1987, l’industria dei refrigeranti li ha sostituiti con gli idrofluorocarburi. Ben presto però è emerso che queste sostanze, pur non danneggiando l’ozono, sono gas serra potentissimi che secondo le stime avrebbero potuto aumentare il riscaldamento globale di 0,5 gradi. Per questo nel 2016 più di 160 paesi hanno firmato l’emendamento di Kigali, impegnandosi a limitarne le emissioni.
Secondo i dati ufficiali l’accordo è stato un successo: le emissioni di Hfc-23, un gas serra 14.700 volte più potente dell’anidride carbonica, sarebbero calate dell’80 per cento rispetto al 2008. Ma uno studio pubblicato su Communications Earth & Environment sostiene che i progressi reali sono stati molto più limitati: in base all’analisi della concentrazione atmosferica, le emissioni di Hfc-23 stanno effettivamente calando, ma nel 2023 ammontavano ancora a più di 14mila tonnellate, cinque volte di più rispetto a quanto riferito dai governi. Gran parte della discrepanza è dovuta alla Cina, che sostiene di aver ridotto le sue emissioni a mille tonnellate all’anno. I dati raccolti da una stazione di monitoraggio in Corea del Sud suggeriscono invece che il dato reale sia di 5.600 tonnellate, più di un terzo del totale mondiale. Tra i principali responsabili ci sarebbero anche l’India e la Russia, ma la mancanza di stazioni di monitoraggio impedisce di fare stime precise.
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Questo articolo è uscito sul numero 1596 di Internazionale, a pagina 100. Compra questo numero | Abbonati