Il 26 gennaio 2025 gli Stati Uniti hanno annunciato che l’accordo di tregua tra Israele e Hezbollah in Libano è stato prorogato al 18 febbraio. Lo stesso giorno centinaia di abitanti del sud del paese hanno cercato di tornare nei loro villaggi in convogli di decine di automobili, alcuni dei quali sventolavano le bandiere del gruppo sciita. Ma le forze israeliane che occupavano ancora alcuni villaggi hanno aperto il fuoco, uccidendo ventidue persone. I caschi blu delle Nazioni Unite hanno ammesso che “le condizioni per il ritorno degli abitanti non ci sono ancora”.
In base all’accordo di tregua firmato il 27 novembre, l’esercito israeliano avrebbe dovuto completare il suo ritiro dal Libano il 26 gennaio, lasciando il posto all’esercito libanese e alla missione di pace dell’Onu. Ma il 24 gennaio Tel Aviv ha annunciato che l’esercito rimarrà in Libano oltre la scadenza perché Hezbollah non ha completato il ritiro dal sud del paese. La Casa Bianca ha poi annunciato la proroga al 18 febbraio dell’accordo di tregua. Il monitoraggio della situazione è affidato agli Stati Uniti, alla Francia e alle Nazioni Unite.
Il giornale libanese Al Akhbar, vicino a Hezbollah, celebra il ritorno della popolazione nel sud del paese, nonostante i rischi dovuti alla presenza dell’esercito israeliano. Hassan, un libanese che preferisce non rivelare il suo cognome, racconta che per lui si tratta di “un’opportunità storica per partecipare alla resistenza popolare nel sud del Libano”. Il giornale Al Modon, critico nei confronti del movimento sciita, ricorda invece che le forze politiche libanesi hanno esaurito la pazienza e vogliono risolvere la questione del disarmo di Hezbollah per evitare lo scoppio di una nuova guerra civile nel paese. La classe politica si è schierata dalla parte della popolazione, ma ha anche invitato alla calma, mentre l’esercito regolare libanese continua il suo dispiegamento in alcune zone del sud, come previsto dall’accordo di cessate il fuoco. ◆
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1599 di Internazionale, a pagina 22. Compra questo numero | Abbonati