Tokyo, Giappone - Richard A. Brooks, Afp/Getty
Tokyo, Giappone (Richard A. Brooks, Afp/Getty)

Da anni il settore degli anime (le opere di animazione giapponesi) è uno dei più ricchi e di maggior successo dell’industria dell’intrattenimento del paese asiatico. Ma in realtà, scrive Bloomberg, è noto anche per i ritmi di lavoro estenuanti a cui sono sottoposti i dipendenti. “Gli animatori più giovani guadagnano in media meno di due milioni di yen all’anno (poco più di dodicimila euro), contro i tre milioni assicurati ai coetanei che vivono a Tokyo. La cifra, inoltre, è meno della metà del salario d’ingresso nel settore dell’animazione statunitense”. I dipendenti dell’industria degli anime si lamentano anche per i ritardi e le incertezze dei pagamenti: sono costretti ad aspettare fino a sei mesi prima di ricevere lo stipendio; alcuni sono assunti attraverso un colloquio telefonico o un semplice scambio di messaggi in chat, senza che gli sia sottoposto un contratto formale e senza sapere quanto e quando saranno pagati.

Nel 2024 la situazione del settore è stata analizzata da un gruppo di lavoro del consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, che in un rapporto ha parlato di sfruttamento e anche di episodi di violenze sessuali e molestie. Alla fine le istituzioni giapponesi hanno deciso d’intervenire. Nel novembre 2024 è entrata in vigore una legge che rafforza i diritti dei freelance del settore. A gennaio, invece, l’autorità antitrust giapponese ha aperto un’inchiesta sui metodi di lavoro e ha invitato chi ha subìto abusi a presentare delle denunce. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1602 di Internazionale, a pagina 95. Compra questo numero | Abbonati