La carriera di John Zorn come sassofonista, polistrumentista, bandleader e performer con gruppi di jazz free form e improvvisazione sperimentale ha allontanato l’attenzione dai suoi contributi altrettanto importanti a forme classiche più consolidate, come il quartetto d’archi: più di due ore di musica prodotta lungo tre decenni. Questo album del Jack Quartet ne è la prima registrazione integrale. Le cosiddette composizioni moment form come Cat o’ nine tails e The dead man hanno uno stile da cartone animato, dove piccoli pezzi di musica atonale d’avanguardia (si pensi a Carter, Xenakis o Messiaen) sono accostati a esplosioni altrettanto brevi di melodie per violino, minuetti o surf pop. Per eseguirle con precisione sono necessarie risposte nitide come rasoi e il Jack Quartet lo fa con un controllo assoluto. Gli esecutori sono perfetti anche nel secondo disco, dove il trattamento più evoluto e meno abrasivo dell’estetica a blocchi di Zorn si traduce in forme narrative più ampie. Che si tratti del frenetico Necronomicon o della tenerezza di Kol Nidre, il Jack Quartet naviga tra gli estremi con precisione, estro e passione. Questo è un album di riferimento e colloca saldamente i quartetti di Zorn nel canone delle opere per quartetto contemporanee.
Pwyll ap Siôn, Gramophone

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1605 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati