Dopo settimane di congetture (e una lunga serie di umiliazioni per tanti pretendenti), Donald Trump ha finalmente scelto il suo candidato alla vicepresidenza: è J.D. Vance, senatore dell’Ohio. Trentanove anni, operatore nel campo dei capitali di rischio convertito in agitatore politico, Vance l’ha spuntata su un gruppo di aspiranti di cui facevano parte il senatore della Florida Marco Rubio, il governatore del North Dakota Doug Burgum e fino a un certo punto anche la governatrice del South Dakota Kristi Noem (esclusa dalla lista quando è uscito il suo libro di memorie, in cui si vantava di aver sparato al suo cane e di aver incontrato il dittatore nordcoreano Kim Jong-un).

La parabola politica di Vance è significativa soprattutto perché nel 2016 il senatore aveva criticato duramente la candidatura di Trump, definendolo un “idiota”, un “disastro morale” e “uno stronzo cinico come Nixon”. Poi, dopo una specie di epifania, ha completamente cambiato idea (un comportamento ricorrente nella sua rapida carriera).

Vance è probabilmente il parlamentare più in vista della “nuova destra”, un ramo della destra populista che negli ultimi anni ha fatto presa sugli elettori repubblicani più giovani. Questi politici (un altro è Josh Hawley, senatore eletto in Missouri) sostengono un genere di conservatorismo sociale tradizionale – vogliono limitare fortemente i diritti delle donne, a cominciare dall’aborto – e teorie economiche che li fanno apparire vicini alla classe operaia: dal protezionismo commerciale al sostegno nei confronti dei sindacati (ma alla fine la loro presunta lotta di classe risparmia immancabilmente i ricchi e i dirigenti delle multinazionali).

Vance è molto vicino al nuovo conservatorismo della Silicon valley, che si è fatto strada nel Partito repubblicano ed è incarnato da fanatici di estrema destra come l’investitore David Sacks. Ha conquistato il seggio al senato grazie al sostegno di un altro investitore di destra, Peter Thiel (fondatore di PayPal e dell’azienda d’intelligence digitale Palantir), che nel 2022 ha donato dieci milioni di dollari alla sua campagna elettorale.

Lotta sull’aborto

Di solito la scelta del vicepresidente non ha grandi conseguenze politiche, ma in questo caso la situazione è diversa. Trump ha 78 anni, è appena stato vittima di un attentato e se dovesse vincere le elezioni finirebbe il mandato nel 2029, poco prima di compiere 83 anni. Quindi non è impossibile immaginare Vance alla guida del paese, se i repubblicani dovessero battere Joe Biden e Kamala Harris a novembre.

La scelta di Trump per la vicepresidenza è interessante anche perché Vance si è fatto conoscere grazie al sostegno di istituzioni teoricamente progressiste, in particolare l’industria editoriale, che ha promosso la sua autobiografia Elegia americana (Garzanti 2020) fino a farla diventare un best seller, e gli studi di Hollywood, che hanno comprato i diritti sul libro producendo un film con Amy Adams come protagonista. Tutto questo, naturalmente, succedeva prima che Vance voltasse opportunisticamente le spalle a queste istituzioni, pur avendo studiato legge a Yale, fatto soldi con investimenti nel settore tecnologico e pur vivendo in un quartiere popolato dalle élite progressiste (l’elenco delle sue ipocrisie potrebbe proseguire, ma a questo punto vi sarete fatti un’idea).

La nomina di Vance, che condivide le posizioni di Trump sull’espulsione di massa dei migranti senza documenti, sui dazi e sulla politica estera, mostra chiaramente la direzione intrapresa dal Partito repubblicano sotto il controllo totale di Trump. Di sicuro i repubblicani non sono più i paladini del libero marcato, almeno ai vertici.

Anche se oggi i democratici non sembrano particolarmente determinati a vincere le elezioni, la scelta del vicepresidente potrebbe essere per loro una specie di sollievo. Vance infatti è esattamente il tipo di candidato detestato dalle donne dei sobborghi residenziali, che tendono a essere moderate e a favore di diritti come l’aborto. In un momento in cui la squadra di Biden cerca di costruire qualcosa di vagamente simile a una coalizione vincente, mantenere l’appoggio di queste elettrici sarà assolutamente cruciale. Il nome di Vance sulle schede elettorali facilita il compito. Se vi serve una prova, vi basta sapere che sul sito di Vance compare la scritta in maiuscolo “ABOLIRE L’ABORTO”.

Nel 2022, quando era in corsa per il senato, Vance ha preso molti meno voti del suo collega repubblicano Mike DeWine. DeWine ha vinto le elezioni per la carica di governatore con un margine del 25 per cento, mentre Vance ha battuto il suo avversario democratico con uno scarto del 6,5 per cento.

Detto ciò, la squadra di Trump non sembra preoccupata dalle conseguenze negative di questa nomina. In base ai sondaggi, che sono davanti agli occhi di tutti tranne che di Joe Biden, a novembre i repubblicani dovrebbero vincere comodamente in ogni caso. Considerando l’attenzione data all’età dei due candidati (81 anni per Biden, 78 per Trump), quella di Vance potrebbe essere importante tanto quanto il suo passato politico: a 39 anni sarebbe il secondo vicepresidente più giovane nella storia degli Stati Uniti (dopo John Breckinridge 1857-1861), e molto vicino a un altro repubblicano la cui traiettoria oggi sembra assolutamente significativa: Richard Nixon. ◆as

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Questo articolo è uscito sul numero 1572 di Internazionale, a pagina 16. Compra questo numero | Abbonati