La più grande cantastorie del nostro tempo ha lasciato questa parte di mondo. Giovanna Marini è stata ricercatrice, compositrice ardita, grande musicista e maestra. Non trovo parole per esprimere quello che ha fatto per tutti noi, andando avanti e indietro sgomenta per un paese in trasformazione, con un registratore e una chitarra, a raccogliere i canti di un popolo prima che smettesse di cantare. Era la nostra rock star. Da ragazza con delle amiche raggiungemmo in autostop i paesi più sperduti per seguire i suoi seminari, e imparammo che le note giuste sono un percorso, un viaggio, e non una meta. Tutti dovrebbero ascoltare almeno una volta Persi le forze mie , un brano del 1976. Pier Paolo Pasolini era appena stato ammazzato e lei, di fronte a un dolore che ammutoliva, le parole le trovò cantando, appoggiandosi sull’aria di una passione popolare raccolta in Abruzzo anni prima. Nella sua voce c’è uno struggimento che non è il suo, è il nostro. Giovanna cantava e componeva senza mettersi mai davanti al canto, dentro di lei cantava un mondo. Forse per questo la sua fama non è esplosa come avrebbe dovuto, perché il successo ha fame di un ego da esporre. Negli ultimi tempi Giovanna la pellegrina non camminava quasi più, ma era ancora curiosa come una bambina: ecco, Giovanna Marini più che madre è la nostra figlia ribelle, testarda e intelligente, la figlia che abbiamo in comune.

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Questo articolo è uscito sul numero 1563 di Internazionale, a pagina 16. Compra questo numero | Abbonati