Cosa ci hanno fatto di male le radici, che sarebbero nutrimento e legame, festa mobile del mondo, per diventare giustificazione di esclusioni e guerre?

Rispondendo alla Corte internazionale di giustizia, che ha dichiarato illegittimi gli insediamenti israeliani in Palestina, Israele parla di radici per dimostrare la legalità dell’occupazione: sembra che in quei territori abbiano vissuto i loro antenati, quindi ogni violenza è lecita.

Mi sono ricordata di Ruh. Romagna più Africa uguale, uno spettacolo teatrale mitico creato nel 1988 dal teatro delle Albe, la compagnia di Marco Martinelli ed Ermanna Montanari. Era ispirato a uno studio geologico che dimostrava l’appartenenza della Romagna alla placca nordafricana, dalla quale si sarebbe poi allontanata migrando per mare per unirsi alla penisola italiana.

I ragazzi nordafricani sulle spiagge romagnole erano quindi presentati non come degli invasori, ma come i legittimi proprietari di quelle terre, che venivano a riprendersele in nome delle loro radici!

Se alle radici ci vogliamo proprio aggrappare, pensiamoci alberi. La scienza ci dice che gli alberi sono tutti uniti e in comunicazione tra loro attraverso un reticolo di radici, quasi a perdere ogni identità di tronco.

Non potremmo allora con un sorriso affermare che le nostre radici non ci appartengono, ma sono di tutti? E che ogni bramata patria, vista dalla parte delle radici, non ha confini né frontiere, ma è il mondo intero? Buone vacanze a tutti.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1573 di Internazionale, a pagina 14. Compra questo numero | Abbonati