La piaga della violenza con armi da fuoco tra i cittadini palestinesi d’Israele è tornata sotto i riflettori nelle ultime settimane, dopo che una serie di omicidi in varie città ha fatto salire il bilancio di quest’anno a più di cento morti. Purtroppo il dibattito su cosa fare al riguardo sembra essere un disco rotto. I politici arabi hanno organizzato una protesta inutile davanti all’ufficio del premier israeliano. I funzionari governativi hanno lanciato il solito appello a coinvolgere lo Shin bet, il servizio di sicurezza, nella lotta contro le bande locali. È una situazione che va avanti da anni, mentre le armi si diffondono e i cadaveri si accumulano.
La criminalità organizzata ha creato un mondo oscuro nelle località arabe d’Israele, alimentando un ricco mercato nero. Le faide tra le bande arabe si sono trasformate in un’anarchia omicida e chiunque può diventare un bersaglio.
C’è qualcosa di preoccupante nel modo in cui le soluzioni alla violenza sono immaginate, anche tra i cittadini palestinesi. Il pensiero dominante – in parlamento e nella società – è che per combattere il problema serva l’intervento della polizia e dei servizi di sicurezza israeliani. Queste forze, tuttavia, sono già presenti nelle comunità arabe, solo che non sono al loro servizio. La polizia nazionale ha il compito d’impedire ai palestinesi di disturbare la sfera pubblica degli israeliani ebrei; la polizia di frontiera si concentra sulla caccia ai palestinesi senza permesso; e lo Shin bet stronca le loro attività politiche. Le autorità israeliane hanno le risorse per affrontare il crimine e la violenza nella società palestinese, ma non vogliono farlo.
La fissazione sulla polizia evita di affrontare le vere radici della crisi. Dal 1948 Israele ha inghiottito la terra palestinese e ingabbiato le località arabe con una combinazione di leggi discriminatorie e politiche di pianificazione. Questa morsa ha alimentato gli attriti all’interno delle famiglie e tra di loro, mentre si affannavano a cercare spazi per vivere. La mancanza di aree per l’agricoltura e l’industria, che lo stato concedeva invece alle vicine comunità ebraiche, vanificava il potenziale di crescita economica. I legami sociali tradizionali si sono dissolti in un individualismo per la sopravvivenza, aggravato dalla violenta repressione della coscienza nazionale palestinese.
Scarse possibilità
Sono queste mancanze nelle località arabe che hanno permesso alle bande di coltivare un’economia e una sottocultura basate sul potere e sul furto. In molte città arabe sono nati collettivi di attivisti e iniziative, spesso guidate da ragazzi, per favorire l’istruzione e allontanare i loro coetanei dal crimine. Ma che possibilità hanno le parole di un giovane contro un altro che lo minaccia con una pistola? E quale futuro possono promuovere i cittadini palestinesi quando lo stato che li governa infrange i loro ideali?
Ecco perché, per i palestinesi, la questione del crimine non può essere slegata dalla realtà del colonialismo. Chi pensa che gli omicidi dei palestinesi in Israele possano essere separati dal sistema che cerca di cancellarli in ogni altro aspetto della vita dovrebbe prendere nota. ◆ dl
◆Il 19 giugno 2023 sei palestinesi sono stati uccisi durante un’operazione israeliana in un campo profughi a Jenin, in Cisgiordania. Sono stati feriti novanta palestinesi e otto agenti delle forze di sicurezza israeliane.
◆ Il 20 giugno quattro israeliani sono morti e altri quattro sono rimasti feriti in una sparatoria nei pressi della colonia israeliana di Eli, nel nord della Cisgiordania. L’esercito israeliano ha ucciso i due aggressori. La sera centinaia di coloni hanno attaccato la città di Hawara e altri comuni intorno a Nablus, hanno incendiato veicoli, terreni agricoli e devastato alcune abitazioni, terrorizzando la popolazione.
◆Secondo un conteggio realizzato dall’agenzia France-Presse sulla base di fonti ufficiali israeliane e palestinesi, dall’inizio dell’anno nelle violenze legate al conflitto israeliano-palestinese sono morti 166 palestinesi, 21 israeliani, un’ucraina e un italiano. Negli ultimi mesi sono aumentate le tensioni in Cisgiordania, dove sono attivi gruppi armati palestinesi, le incursioni dell’esercito israeliano sono frequenti così come le violenze dei coloni. Haaretz
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Questo articolo è uscito sul numero 1517 di Internazionale, a pagina 32. Compra questo numero | Abbonati