Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha difeso il caotico ritiro delle truppe americane dall’Afghanistan insistendo sul fatto che avevano compiuto la loro missione: eliminare la minaccia terroristica dal paese dove aveva trovato rifugio Osama bin Laden. Il 26 agosto un gruppo di jihadisti gli ha mandato un messaggio sanguinario. L’Iskp, ramo locale del gruppo Stato islamico, ha rivendicato l’attacco suicida vicino all’aeroporto di Kabul che ha ucciso quasi duecento afgani, 13 soldati statunitensi, due cittadini britannici e il figlio di un altro cittadino britannico. L’attacco è arrivato dopo vari allarmi dei servizi segreti.
Banco di prova
Incoraggiato dalla sconfitta degli Stati Uniti, l’Iskp ha cominciato le sue attività nel 2015, un anno dopo che il gruppo Stato islamico (Is) – nato come un ramo di Al Qaeda e poi diventato suo rivale – aveva conquistato ampie fette di territorio in Iraq e in Siria, proclamando un califfato. L’Afghanistan è stato a lungo una base per i movimenti islamisti radicali, dai taliban ad Al Qaeda. Ma mentre le operazioni di sicurezza statunitensi e afgane si concentravano su questi gruppi, alcuni ex miliziani del ramo pachistano di Al Qaeda, insieme ai disertori dei taliban e della rete Haqqani, legata ai taliban, hanno creato l’Iskp. Le lettere k e p fanno riferimento alla provincia del Khorasan, un’area che comprende Pakistan, Afghanistan, Asia centrale, Iran e parti dell’India e della Russia, e che il gruppo considera un futuro califfato.
Pur avendo anche i taliban un programma di stampo islamista, la leadership che oggi governa a Kabul ha un rapporto ostile con l’Iskp, che ha ambizioni globali invece di concentrarsi sull’Afghanistan. Inoltre l’Iskp ha criticato i taliban per aver allacciato relazioni con Washington. Quando i taliban stavano negoziando con l’amministrazione Trump l’accordo che avrebbe portato al ritiro degli Stati Uniti, si erano impegnati a impedire che Al Qaeda e altri gruppi estremisti usassero l’Afghanistan come snodo per attaccare gli Stati Uniti o i loro alleati. La capacità e la volontà dei taliban di affrontare l’Iskp sarà un banco di prova cruciale per quell’impegno e un fattore decisivo in vista della possibilità di essere riconosciuti dalla comunità internazionale, cosa di cui hanno un disperato bisogno. Anche se gli analisti dicono che i taliban già in passato hanno lanciato operazioni contro i jihadisti, l’Iskp è sospettato di avere legami con gli Haqqani, una rete affiliata ai taliban che comprende molte fazioni spesso in conflitto tra loro.
◆ I taliban sono pronti ad annunciare il nuovo governo di Kabul, una teocrazia guidata dal loro leader religioso, Haibatullah Akhundzada, in un ruolo simile a quello del leader supremo iraniano, scrive il sito dell’emittente tv afgana Tolo News. Secondo l’analista politico Mohammad Hasan Haqyar, intervistato da Tolo News, l’Afghanistan non sarà né una repubblica né un emirato, ma uno stato islamico con Haibatullah all’apice della gerarchia e con un primo ministro o un presidente sotto la sua supervisione. Quanto ai governatori, ai capi della polizia e ai comandanti di province e distretti, le nomine sono già state fatte, aggiunge il sito afgano. I taliban hanno invitato i paesi stranieri che hanno chiuso le loro ambasciate a Kabul a riaprire le relazioni diplomatiche con l’Afghanistan. “Gli Stati Uniti dovrebbero avere una sede diplomatica a Kabul”, ha detto il portavoce dei taliban Zabihullah Mujahid a Tolo News. “Abbiamo canali di comunicazione aperti con loro e ci aspettiamo che riaprano l’ambasciata”. Solo il Pakistan, gli Emirati Arabi e l’Arabia Saudita riconobbero il governo dei taliban negli anni novanta. Oggi, però, il gruppo vuole un riconoscimento internazionale, continua il sito. Ma l’occidente e i paesi alleati non stabiliranno rapporti con il nuovo governo se i taliban non rispetteranno le loro promesse di apertura, inclusione e rispetto dei diritti di tutti i cittadini.
Un rapporto delle Nazioni Unite pubblicato a giugno del 2020 riportava i commenti di vari paesi secondo cui la maggioranza degli attacchi rivendicati dall’Iskp evidenziavano un certo livello di “coinvolgimento, supporto o assistenza tecnica” da parte della rete Haqqani. Da quando hanno ripreso il potere, i taliban hanno affidato la sicurezza di Kabul agli Haqqani. Non c’è da stupirsi se questi hanno legami sia con l’Iskp sia con i taliban, poiché il loro gruppo “non è allineato a nessuna ideologia ma è un’organizzazione criminale”, dice un funzionario indiano che segue da vicino le vicende afgane. “Tutti i membri attivi dell’Iskp sono combattenti esperti che in passato hanno fatto parte della rete Haqqani”.
Contro il sistema
Raffaello Pantucci, esperto di terrorismo della S. Rajaratnam school of international studies di Singapore, è convinto che l’Iskp potrebbe sfruttare l’ascesa al potere dei taliban per accrescere la sua importanza e rafforzare la sua capacità di attirare finanziamenti e reclute. “In ultima analisi il terrorismo ha a che fare con la lotta contro il potere costituito, e ora i taliban sono al potere”, osserva Pantucci. “Il problema è che ci sono tutti gli elementi per dire che l’Iskp si trova in un ambiente molto favorevole alla sua crescita e al suo sviluppo. E probabilmente ne approfitterà”. Secondo il rapporto dell’Onu del 2020, in Afghanistan l’Iskp aveva solo 2.200 combattenti dopo le sconfitte subite per mano delle forze statunitensi e afgane nel Nangarhar, una provincia nordorientale dove l’organizzazione aveva consolidato la sua posizione. Continuava però a essere una minaccia molto grande ed era sospettato di essere responsabile di due gravi attentati a Kabul dello scorso maggio, uno dei quali contro una scuola in cui sono morte almeno ottanta persone, in gran parte studenti.
Il rapporto dell’Onu avvertiva inoltre che l’Iskp potrebbe trarre vantaggio dall’accordo dei taliban con Washington: “Potrebbe presentarsi come l’unico gruppo terrorista che oppone resistenza nel paese e di conseguenza attirare nuovi seguaci e finanziamenti”. Nel rapporto si legge che il gruppo ha reclutato combattenti con la forza, la minaccia della violenza e la promessa di paghe consistenti mai versate e ha raccolto fondi attraverso l’estorsione, la tassazione e il “probabile sfruttamento di legname e risorse minerarie”.
Senza occhi sul campo
Biden ha giurato che vendicherà l’attacco del 26 agosto, dicendo di aver ordinato piani per colpire “le risorse, i capi e le strutture” dell’Iskp. La vera sfida, tuttavia, sarà dare la caccia a un gruppo di cui si sa poco senza avere risorse sul campo, con i servizi segreti bloccati e i taliban al potere. Prima dell’attacco del 26 agosto c’erano stati avvertimenti dei servizi d’informazione di Washington e dei loro alleati. Ma i funzionari occidentali dovranno prendere atto del fatto che gli uomini armati e l’attentatore suicida responsabili dell’attacco hanno necessariamente dovuto superare posti di blocco dei taliban. Il maggiore generale Chip Chapman, ex responsabile del controterrorismo per il ministero della difesa britannico, non si è stupito più di tanto. Anche se i taliban si sono impegnati a contrastare i gruppi terroristi, “c’è sempre la possibilità che dei loro seguaci stringano accordi sottobanco”. Colin Clarke, esperto di controterriorismo del Soufan center di New York, dice che condurre missioni da lontano potrebbe essere più difficile perché se è vero che gli Stati Uniti possono avere delle “orecchie” sul campo, ossia informazioni raccolte attraverso le intercettazioni, dopo il ritiro delle truppe non dispongono più di “occhi”. “L’Afghanistan è collassato in un fine settimana e nessuno si è reso conto di quello che stava per succedere”, osserva Clarke. “Se i servizi segreti non sono riusciti a prevedere questo, non ho molta fiducia nel fatto che sapranno individuare la rinascita di un gruppo come l’Iskp”. ◆ gim
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Questo articolo è uscito sul numero 1425 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati