Il viaggio di ritorno di Andrei Koychev comincia un lunedì mattina alla stazione Sloterdijk di Amsterdam, nei Paesi Bassi. Sono passate da poco le sette e lui guarda fuori dal finestrino. È a bordo del Flixbus 1924, che tra pochi minuti partirà con destinazione Bucarest, la capitale della Romania. Il pullman color verde fluorescente risalta sullo sfondo grigio degli enormi palazzi di uffici in cemento e dei binari della metropolitana e della ferrovia.

Koychev, un ucraino di 22 anni fuggito dalla guerra, era partito dalla Romania a bordo di un pullman come questo, aveva attraversato l’Europa ed era finito nei Paesi Bassi a lavorare in un macello di polli a Drachten. C’è rimasto sei mesi, un’esperienza not fun, non piacevole, dice con uno sguardo eloquente. Soprattutto quell’odore – un miscuglio di carne di pollo, escrementi e sangue – è difficile da dimenticare. “Ora capisco perché non avevo colleghi olandesi”.

Si era ripromesso di cercare un altro impiego nei Paesi Bassi, ma stamattina alle quattro si è svegliato in preda alla nostalgia. Ha preso un biglietto per il primo pullman che lo portasse dai genitori e dalla sorella e ora è qui, con un viaggio di 38 ore che lo aspetta. L’autobus 1924 percorrerà all’incirca 2.200 chilometri attraverso l’Europa, e lungo la strada saliranno e scenderanno molti altri come Koychev. Il Flixbus attira clienti di vario tipo: non solo lavoratori stranieri, ma anche turisti, famiglie, gente di tutte le età.

L’azienda madre, la tedesca Flix, mette in strada ogni giorno più di cinquemila veicoli. È stata fondata nel 2011 e si è sviluppata molto velocemente. Grazie a un’aggressiva strategia di acquisizione con cui ha fagocitato i rivali Eurolines (Francia), Greyhound (Stati Uniti) e Kamil Koç (Turchia), ora raggiunge più di 5.600 destinazioni in 43 paesi.

La Flix ha infuso nuova vita al mercato del trasporto in pullman, dice il dirigente e cofondatore André Schwämmlein in videochiamata. “Volevamo rendere i viaggi in pullman cool e attraenti. E direi che ci siamo riusciti. Dalle università ai ministeri: dappertutto ci sono persone a cui è capitato di prendere una delle nostre vetture”. Nel 2023 la Flix ha trasportato 81 milioni di viaggiatori, il 35 per cento in più rispetto all’anno prima.

E l’azienda non ha ancora finito di crescere: ora sta tentando di stabilirsi in India che, con i suoi 1,4 miliardi di abitanti, è un mercato più grande di Stati Uniti, Europa e Turchia messi insieme. Proprio queste mire espansionistiche la rendono ambitissima per le società d’investimento che continuano a pompare soldi nelle sue casse. A luglio alcuni nuovi investitori hanno messo un altro miliardo di euro.

Chi sono i clienti? Com’è attraversare l’Europa con un Flixbus? E quali sono i pro e i contro di questo modello? Per saperlo, siamo saliti a bordo e abbiamo fatto un viaggio da Amsterdam a Bucarest.

Gran parte dei passeggeri ha già chiuso gli occhi quando Iulian Ceraru, quarant’anni, uno dei due autisti romeni che si alterneranno alla guida, imbocca la tangenziale. Alla partenza si è versato una tazza di caffè da un piccolo thermos che si era portato da casa. Tra poco prenderà la A4 e s’infilerà nel traffico del lunedì mattina, diretto verso la prima fermata. Ceraru guida questi pullman da dieci anni. I suoi tragitti preferiti sono quelli verso l’Europa occidentale, dice. Più tardi, quando il collega gli dà il cambio, mostra dei selfie scattati ad Amsterdam e Francoforte, e delle foto di sua moglie, anche lei autista di autobus.

Ceraru indossa un giubbotto della Flixbus eppure non è un dipendente Flix. L’azienda ha un solo veicolo in bilancio e nessun autista sul libro paga. Un sistema che il dirigente della Flix, Schwämmlein, ha copiato dal settore tecnologico, spiega. Prima di dedicarsi ai pullman, aveva lavorato per tre anni come consulente per il Boston Consulting Group e aveva capito subito perché le imprese tradizionali fallivano: “Le società di trasporti devono occuparsi di due cose contemporaneamente: far circolare i pullman tutti i giorni e pensare alla strategia a lungo termine. Per esempio, a organizzare il servizio dell’anno successivo”. Nella pratica non funziona, ha constatato Schwämmlein. “Succede sempre qualcosa: un autista ammalato, un veicolo rotto. Questo genere di problemi operativi diventano la priorità”.

Il pullman attraversa i confini senza problemi, ma non le barriere linguistiche. In pochi sanno l’inglese e quindi a bordo si parla poco

Come Uber e Airbnb

La Flix ha diviso in due la classica compagnia di trasporti. Per ogni biglietto intasca tra il 25 e il 30 per cento di commissioni. In cambio la sede principale, a Monaco, si occupa dell’organizzazione: dove devono passare i pullman? Come vendere la maggior parte dei biglietti? Ecco perché la Flix non si considera una compagnia di trasporti, ma piuttosto una piattaforma tecnologica come Uber e Airbnb.

I viaggi sono effettuati da più di mille aziende locali e “tradizionali”. Queste sono delle subappaltatrici a cui sono affidate alcune rotte. Devono solo assicurare mezzi di trasporto puliti e con il pieno di benzina, e autisti come Ceraru pronti a guidarli.

Il modello sembra convincente per tutti: i subappaltatori non devono più pensare alla vendita di biglietti e alla pianificazione, mentre la Flix non è responsabile del personale malato o dei mezzi di trasporto rotti. E per i passeggeri forse non è il modo di viaggiare più comodo, ma spesso è il più economico.

Quando Sharanga Kirupakaran e sua sorella Saranya, rispettivamente 18 e 19 anni, crollano sui sedili, sono ancora emozionate per la vacanza. Sono le 8.18 all’Aja e sono appena salite a bordo – insieme alla madre, la sorellina di 14 anni e alcuni amici di famiglia – dirette verso casa, a Francoforte, dopo un sospirato fine settimana nella città olandese.

Hanno visto un museo e un centro commerciale, ma la cosa più divertente è stata the beach, la spiaggia, esclamano le sorelle in coro. “Ci siamo addormentate e poi un uccello ha fatto i bisogni in testa a mia madre”, ride Sharanga. La madre Anushiya ride insieme a loro, anche se un po’ meno.

Per Sharanga andare in vacanza con il Flixbus è stato “un po’ strano”. Le sue compagne di classe si spostano in aereo, spesso verso destinazioni come Spagna o Grecia. Oggi però nessuno si lamenta, perché questo pullman è confortevole. La ragazza si guarda intorno: “Possiamo stare tutti insieme. I sedili sono più ampi di quelli di un’auto. E c’è l’aria condizionata”. Inoltre, aggiunge sua madre in tamil, a bordo c’è anche il bagno. Indica il centro del veicolo dove, proprio di fianco all’uscita, c’è un wc un po’ più piccolo del bagno di un aereo.

È chiaro che Anushiya non l’ha ancora usato. I passeggeri devono portarsi una torcia oppure tenere la porta socchiusa, perché la luce non funziona. Manca la carta igienica e non c’è nemmeno un po’ d’acqua per lavarsi le mani. E lo sciacquone non funziona. Quando la donna, dopo un po’, va al bagno, esce con un’espressione disgustata. Scuotendo la testa dice alle figlie: “È meglio se non andate là dentro”.

Incredibilmente, il bagno rotto non intacca l’umore dei passeggeri che, durante le prime ore, è ottimo. Il pullman ha passato il confine e avanza a ritmo sostenuto sulle autostrade tedesche. Si ferma presso alcune grandi città e qualche aeroporto. Un po’ alla volta tutti i cinquanta posti vengono occupati.

Gran parte dei passeggeri dice di essere salita a bordo senza grandi aspettative. Sembra l’atteggiamento migliore: mettersi in viaggio con rassegnazione. È la tattica seguita per esempio dall’olandese Robin van Duijl, 23 anni, di Boxtel. Lavora per un’azienda che gestisce cinquanta negozi online. Oggi ha tutt’altre priorità: sta andando allo Sziget, il festival musicale che si tiene a Budapest, in Ungheria, insieme a due colleghi promossi ad amici e un cugino che si è unito a loro. Van Duijl va incontro a una settimana di festa e poche ore di sonno. Avrebbe dovuto trovarsi in un romantico caffè siciliano insieme alla fidanzata, che però lo ha lasciato. Così ora è seduto nel posto 10B con in mano un panino all’uvetta mangiucchiato e il cuore a pezzi.

Per questo piccolo gruppo il pullman non era la prima scelta, e nemmeno la seconda. Avrebbero preferito prendere un aereo che li portasse a destinazione in un paio d’ore, ma i biglietti erano troppo cari. E poi c’era da pagare in più per il bagaglio da imbarcare, a causa delle tende, i sacchi a pelo e le valigie. Per la seconda opzione, il treno, i posti erano esauriti. Così hanno pagato cento euro a testa per un viaggio di sola andata. Van Duijl era pronto al peggio, perché aveva sentito dire che spostarsi con Flixbus era “terribile”. Eppure, a parte il panino con l’uvetta, non si è preparato più di tanto. Il suo collega ha un bel sacchettino con tre panini, ma Van Duijl no: comprerà qualcosa lungo la strada. “Immagino che anche gli autisti dovranno mangiare”.

Molti collegamenti

Non sono solo i prezzi bassi e le regole rilassate sui bagagli ad attirare i viaggiatori, a volte è la semplicità. Lisa Weissbach, 37 anni, sta guardando da ore il paesaggio dal finestrino. È sera e al crepuscolo le file di alberi e le distese di prati si distinguono a fatica. Questa docente universitaria di inglese non si era mai spinta così lontano: sta andando a trovare una compagna di studi a Brașov, in Romania, un viaggio di 28 ore.

Anche Weissbach aveva cercato soluzioni con l’aereo e il treno, ma con poco successo: un collegamento diretto era impossibile. In treno il tragitto sarebbe stato altrettanto lungo, ma avrebbe dovuto fare dei cambi. “E se perdi una coincidenza, va in fumo tutto il viaggio”.

Questo è uno dei vantaggi di Flixbus: l’estesa rete di collegamenti. Il pullman viaggia sulle stesse strade percorse dalle automobili e può fermarsi ovunque. Solo in Europa l’azienda ha circa 3.500 fermate, con cui unisce l’intero continente.

Mettere in piedi una rete simile non è stata una passeggiata, spiega Schwämmlein. Secondo il dirigente della Flix prima le compagnie di trasporti non avevano le idee molto chiare. Era tutto un po’ alla buona, anche perché gli stessi passeggeri non sempre sapevano di cosa avevano bisogno.

Dice Schwämmlein: “Che debba esserci un pullman che collega Berlino e Amburgo, è logico. La novità, invece, è realizzare che deve essercene uno notturno tra il sud della Polonia e il nord d’Italia, e che faccia tappa a Praga. Una cosa simile si capisce solo analizzando i dati con estrema precisione”.

Niente fermate per mangiare

Contrariamente alle aspettative dell’inesperto Van Duijl, alle undici di sera il pull­man non si è ancora fermato per la cena. Gli autisti si sono portati qualcosa da mangiare e proseguono a ritmo serrato. Fanno soste solo alle fermate dove i passeggeri caricano i bagagli e salgono a bordo, e ogni tanto per una breve pausa per il bagno: cinque minuti, giusto il tempo di una sigaretta per passeggeri e autisti.

Anche il ventenne Marian, che è rimasto seduto in fondo fin dalla partenza da Amsterdam, scende. Il giovane romeno se ne sta un po’ a disagio accanto agli autisti, con una sigaretta in mano.

Ha lavorato per un po’ come lavapiatti ad Amsterdam. Torna a casa dopo appena due settimane. Si passa una mano sull’occhio nero e sul taglio sottostante: ha l’aria esausta.

Nei Paesi Bassi “il lavoro è duro e si guadagna poco”, scrive in romeno su Google Translate. Non parla inglese. “Ho provato, ma non mi piaceva. Torno a casa”. La faccia gliel’hanno ridotta così in discoteca, spiega, “a causa di una ragazza”. Poi si tira su la lampo della felpa e dice “Scusate, ma non dormo da due giorni. Voglio dormire un po’. Mi dispiace”.

Il pullman attraversa i confini senza problemi, ma non le barriere linguistiche. In pochi sanno l’inglese e quindi a bordo non si parla molto. I passeggeri indicano il bagno, o una borsa, per far capire che vogliono passare.

Poco dopo l’una – diciannove ore dopo la partenza da Amsterdam – finalmente si fa una sosta un po’ più lunga. Il pullman si ferma in un ampio parcheggio al bordo di un’autostrada in Austria. Non c’è altro se non un bagno e un distributore automatico. I passeggeri scendono assonnati, con Van Duijl in testa e si mettono subito in fila davanti a un distributore di snack.

Schwämmlein ammette senza giri di parole: un lungo viaggio in pullman è scomodo. Quasi tutte le persone che usano Flixbus percorrono distanze corte, in media circa 400 chilometri, per esempio da Amsterdam a Bruxelles o Parigi. Il tragitto più lungo che lui ha mai fatto è durato diciannove ore. La corsa è sicura, afferma Schwämmlein. “Ma piacevole? Assolutamente no”.

Sul Flixbus Amsterdam-Bucarest, dopo la fermata a Francoforte, 5 agosto 2024 (Veerle Haan)

L’autista Ceraru si stiracchia con uno sbadiglio. Sono passate da poco le sei di mattina di martedì e abbiamo superato Vienna e Budapest. Lui ha dormito in una cabina letto, non più grande di una cassa da morto, nascosta dietro una porticina di fronte al bagno. Ha un materassino rosa con un cuscino, sopra è appeso un piccolo ventilatore e ai piedi c’è una finestrella delle dimensioni di un libro.

Ceraru avanza lungo il corridoio. Di notte sono saliti a bordo altri due autisti romeni, che ora proseguono la corsa. I quattro tengono in ordine l’autobus: raccolgono la spazzatura e si danno da fare con il bagno rotto a ogni fermata. Quando sono alla guida restano ordinatamente sulla corsia di destra e non vanno troppo veloci.

Più economico possibile

Alle 11, alla prima fermata in Romania, ad Arad, il pullman si svuota. Dopo la lunga notte i viaggiatori sono felici di potersi finalmente sgranchire le gambe. Marian si accende una sigaretta restando accanto alla vettura, affonda la testa nelle spalle e chiude gli occhi. Un quarto d’ora dopo, quando sono di nuovo tutti a bordo, Ceraru percorre il corridoio verso il fondo. Lui e Marian si guardano, al che il ragazzo afferra lo zaino e, giusto prima che le porte si chiudano, salta giù dal pullman. Resta a guardare il veicolo che si allontana, mentre qualcuno osserva la scena confuso. Poi verrà fuori che nell’elenco ufficiale dei passeggeri non c’era nessun Marian.

Forse la lontananza tra la sede centrale della Flix e i pullman è un vantaggio per l’azienda, ma è anche un punto debole. Gli autisti possono approfittare di quella distanza per qualche guadagno extra. Qualche mese fa il quotidiano olandese Nrc Handelsblad, per esempio, ha denunciato il caso di un autista di Flixbus che gestiva un servizio semiufficiale di consegna pacchi.

Gli autisti sono accusati anche di cose più gravi, come truffe ai danni dei passeggeri. Online, su siti come Tripadvisor e YouTube, ci sono storie di alcuni che si mettono a vendere biglietti falsi o che pretendono dai passeggeri pagamenti aggiuntivi.

L’estate scorsa Mijntje Cuijpers, un’impiegata comunale di cinquant’anni, aveva raccontato a De Volkskrant una storia simile: lei e altri dieci passeggeri avevano dovuto pagare cento euro all’autista a metà di un viaggio notturno da Parigi ad Amsterdam, “per un nuovo biglietto”. Altrimenti, aveva minacciato l’uomo, li avrebbe lasciati a una stazione di servizio. Solo dopo una denuncia e un reclamo alla Flix le sono stati rimborsati 90 euro, “in segno di buona volontà e senza alcun obbligo di legge”. La Flix afferma di non aver ricevuto altri reclami su quel viaggio, ma riconosce anche che gli abusi capitano. Secondo l’azienda dire che il modello aziendale possa favorirli è un’esagerazione, e agli autisti è garantito il salario minimo.

Se ci sono segnalazioni di fatti gravi, si contatta il subappaltatore. Nella maggior parte dei casi questo porta al licenziamento dell’autista.

Il viaggio è finito

C’è da chiedersi quante siano le segnalazioni che la Flix prende effettivamente in considerazione, visto che una lamentela diffusa riguarda proprio il servizio clienti, che spesso non è raggiungibile. Come emerge dai messaggi scambiati con i viaggiatori, a volte si attiva solo dopo la minaccia di avviare azioni legali o di contattare la stampa. Schwämmlein ammette che il miglioramento del servizio clienti è “una delle massime priorità” della Flix in Europa. “In questo momento stiamo crescendo meno velocemente, per cui possiamo finalmente dedicare più attenzione al servizio”.

Non è chiaro quando arrivi di preciso il punto critico, ma verso le tre del pomeriggio, mentre il pullman avanza nel cuore della Romania, lo percepiamo. Dopo trenta ore il viaggio non è più piacevole per nessuno. Mancano “solo” otto ore.

C’è traffico e il pullman procede con una lentezza esasperante. Ormai si è svuotato quasi del tutto, i passeggeri rimasti sono distesi sui sedili. L’ambiente è pervaso da un odore di sudore che si mischia a quello del water pieno. I fumatori sono sempre più nervosi: esigono una pausa sigaretta, che viene prontamente negata dagli autisti. Dopo qualche imprecazione in romeno, si arrendono.

L’unico ad avere mantenuto un po’ di vivacità è Koychev, che si è lasciato alle spalle il macello di polli e sta per arrivare dalla famiglia.

Poco dopo le 22 di martedì sera, a 38 ore dalla partenza, l’autobus entra in un parcheggio scarsamente illuminato appena fuori dal centro di Bucarest. A bordo si accende una forte luce al neon, le porte si aprono. Koychev si precipita fuori e si getta tra le braccia della sorella.

Il motore non si è ancora raffreddato che già gli autisti tirano fuori una vaschetta piena di prodotti per la pulizia. Domani questo autobus dovrà rimettersi in viaggio. ◆ oa

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Questo articolo è uscito sul numero 1580 di Internazionale, a pagina 56. Compra questo numero | Abbonati