L’aspetto più scoraggiante dei politici populisti ed estremisti è che alla fine tornano sempre. A volte molti anni dopo, nello stesso paese o in un altro. In settimana gli argentini hanno eletto presidente Javier Milei, un economista ultraliberista. Sugli Stati Uniti aleggia il fantasma di Donald Trump, che potrebbe ottenere di nuovo la presidenza nel 2024, una prospettiva preoccupante per l’equilibrio geopolitico del pianeta.
L’ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro ha detto che il successo di Milei sancisce la vittoria dell’onestà, del progresso e della libertà. La libertà di portare armi, di trafficare organi, di distruggere lo stato e di vietare l’aborto.
A questo punto conta una sola domanda: com’è possibile che gli argentini abbiano votato per Milei? Perché i più emarginati hanno affidato il potere a un individuo deciso a spazzare via la giustizia sociale? Bisogna evitare le risposte sbrigative, perché prendersela con gli elettori non serve a nulla e soprattutto non impedisce il ritorno dei populisti. Questi risultati elettorali nascono spesso dal fallimento dei governi precedenti. In Argentina l’inflazione è al 143 per cento e il tasso di povertà è del 40 per cento. Come spiega il sociologo francese Pierre Rosanvallon, molti elettori si fanno sedurre dalla “visione semplicistica ma coerente della società e dell’economia” proposta dai populisti, s’identificano nei leader carismatici e accettano una banalizzazione delle istituzioni che si nutre delle delusioni democratiche.
Qual è il rimedio? Secondo Rosanvallon e altri studiosi la politica dovrebbe migliorare il funzionamento di tutti gli aspetti della democrazia – voto, rappresentanza, controllo, informazione – coinvolgendo, oltre al parlamento e al governo, altre autorità decisionali e soprattutto la cittadinanza, le cui necessità vanno tenute in considerazione non solo in vista delle elezioni. Sono piste che bisognerà necessariamente percorrere, anche perché lo scoraggiamento non è un’opzione. ◆ as
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1539 di Internazionale, a pagina 17. Compra questo numero | Abbonati