All’inizio era solo un raid. Poi è diventata un’incursione. Dopo dieci giorni è ormai una vera e propria offensiva, pensata per entrare nel territorio e nella testa del vero invasore: la Russia di Vladimir Putin. Pur essendo sulla difensiva da mesi, a corto di uomini e di munizioni, il 6 agosto l’Ucraina ha compiuto qualcosa di impensabile, senza neppure avvertire l’alleato statunitense: è entrata in territorio russo, nella regione di Kursk – uccidendo, tra l’altro, dodici civili e ferendone più di 120 – ed è riuscita a mantenere le truppe oltre il confine. La Russia non subiva un’incursione di questa portata dalla seconda guerra mondiale. La manovra è servita a restituire un po’ di speranza agli esausti ucraini e a intaccare seriamente la narrazione ufficiale del Cremlino, che da due anni cerca di tenere l’“operazione militare speciale” lontana dalla popolazione.
Oggi, invece, i russi la guerra ce l’hanno in casa: sotto le finestre di chi ha visto arrivare le truppe ucraine, simboleggiata dai duecentomila sfollati, alcuni ospitati a Mosca, che dimostrano come il paese non sia più quel santuario intoccabile promesso da Putin. Il 15 agosto il comandante in capo delle forze armate ucraine Oleksandr Syrsky ha dichiarato che un’amministrazione militare gestirà l’occupazione dei territori conquistati, rivendicando l’occupazione di un’area pari a 1.150 chilometri quadrati e di 82 centri abitati, tra cui la città di Sudža, con i suoi 5.500 abitanti, anch’essa “totalmente liberata”. Il giorno dopo ha parlato di un’ulteriore avanzata di qualche chilometro.
Tuttavia il vero obiettivo dell’operazione è ancora incerto. Il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj assicura di non voler annettere nessun territorio russo, come sta invece cercando di fare illegalmente Putin in Ucraina, e promette che fermerà le truppe se Mosca accetterà il principio di una “pace giusta”. La manovra sembra quindi anche un modo per mettere il Cremlino di fronte alle sue contraddizioni. “Lo strumento militare è usato per convincere la Russia a impegnarsi in un negoziato equo”, ha spiegato il 16 agosto Mykhajlo Podoljak, consigliere di Zelenskyj, che ha anche parlato della possibile creazione di una zona cuscinetto con corridoi umanitari per i cittadini russi e ucraini. Secondo alcuni alti funzionari di Kiev, molti degli attacchi russi lanciati negli ultimi mesi contro l’Ucraina venivano dalla regione di frontiera oggi occupata dai soldati ucraini.
Il punto debole
Sembra che l’operazione sia anche un tentativo di ampliare il fronte allo scopo di allentare la pressione russa sul Donbass, obbligando il nemico a spostare altrove parte delle sue truppe. È infatti nell’est dell’Ucraina, in direzione del nodo ferroviario e logistico strategico di Pokrovsk, che dall’inizio dell’estate il Cremlino lancia i suoi attacchi, guadagnando ogni settimana qualche centinaio di metri e aumentando gradualmente ma inesorabilmente la sua potenza di fuoco per fare di questa città una nuova Bachmut. Nonostante l’incursione ucraina, Mosca sembra voler procedere sulla sua strada nel Donbass: l’esercito russo ha rivendicato la conquista di due villaggi, Ivanivka e Serhiivka, a una quindicina di chilometri da Pokrovsk.
“Il Cremlino sta ritirando le sue truppe ovunque tranne che nel Donbass, almeno per il momento”, ha osservato Jade McGlynn, ricercatrice del King’s College di Londra che vive a Charkiv. “Quello che sta succedendo nella zona di Kursk serve a risollevare il morale delle truppe di Kiev, che avevano bisogno di un’iniezione di fiducia. Ma tra i soldati nel Donbass c’è ancora malcontento: anche lì ci sarebbe bisogno di forze speciali d’élite”. Esattamente quelle che sono state schierate nell’oblast ucraino di Sumy, dove nel fine settimana del 10 agosto sono stati inviati circa diecimila soldati. Come spiega l’esperto militare Emil Kastehelmi, grazie ad alcune squadre in grado di muoversi rapidamente, aiutate anche dai blindati occidentali, queste truppe sono riuscite a penetrare in profondità in territorio russo. Gli ucraini godono della copertura di disturbatori radar e di difese aeree mobili, e stanno moltiplicando gli attacchi con i droni per tenere a terra l’aviazione russa. Secondo lo stato maggiore ucraino, nella notte tra il 14 e il 15 agosto un’offensiva coordinata ha colpito almeno quattro aeroporti militari russi.
“Gli ucraini hanno trovato il punto debole nella posizione dei russi e lo hanno attaccato con grande abilità”, ha dichiarato il 15 agosto il generale statunitense Christopher G. Cavoli, esperto di Russia e membro del comando militare della Nato. “I russi sono stati colti di sorpresa. Ma questa situazione non durerà per sempre. Si riprenderanno e reagiranno di conseguenza”. Lo dimostra il recente aumento degli attacchi aerei – in particolare intorno a Sumy (nella giornata del 15 agosto sono stati 56), ma anche nelle altre zone dell’Ucraina – costati la vita a sette civili nelle città di Donetsk, Charkiv e Cherson.
La Russia, intanto, cerca di colmare le falle nel suo territorio. Dopo aver definito la situazione “sotto controllo”, il 15 agosto l’esercito ha assicurato di aver riconquistato il villaggio di Krupets, lasciando intendere di aver contenuto efficacemente l’intrusione di Kiev. Ma l’intensificarsi dei movimenti di truppe sembra indicare il contrario. Il ministro della difesa russo Andrej Belousov ha annunciato “lo schieramento di forze e mezzi supplementari” nella regione di Belgorod, dove il governatore, Vjačeslav Gladkov, aveva proclamato lo stato d’emergenza già il 14 agosto. A quanto pare, l’esercito ha anche richiamato in servizio i soldati di leva, finora risparmiati dal fronte ucraino, per tentare di fermare l’avanzata: una decisione quasi disperata di Putin, che ora teme la reazione delle famiglie dei ragazzi, come successe negli anni ottanta, con i giovani mandati a morire in Afghanistan, o negli anni novanta, con la guerra in Cecenia. Infine il 16 agosto Gladkov ha annunciato l’evacuazione di cinque villaggi di confine.
A questo punto bisogna capire per quanto tempo l’Ucraina, che starebbe già scavando le sue trincee in territorio russo, sarà in grado di mantenere i territori occupati. Intanto, un primo obiettivo importante è stato raggiunto: invertire la spirale negativa in corso da mesi, con la Russia in lento ma costante avanzamento, e far dimenticare il fallimento della controffensiva dell’estate 2023. L’operazione ha anche risollevato il morale delle truppe e ha ridato fiducia ai cittadini ormai scoraggiati, che oggi guardano con speranza i video dei soldati russi che si arrendono agli ucraini.
In questa campagna di Russia c’è anche un messaggio per l’occidente, che continua a fornire agli ucraini un sostegno militare e finanziario ritenuto però insufficiente da Kiev. Zelenskyj vorrebbe poter contare su più aerei da combattimento e ottenere l’autorizzazione a colpire direttamente in territorio russo con i missili di lunga gittata che gli sono stati forniti. Forse il presidente spera di convincere anche l’opinione pubblica statunitense, in parte scettica sull’invio di miliardi di dollari dei suoi contribuenti per finanziare una guerra che sembra lontana da una soluzione. Le presidenziali del 5 novembre saranno determinanti per il futuro dell’Ucraina: gli elettori statunitensi saranno infatti chiamati a scegliere tra la democratica Kamala Harris, che dovrebbe seguire le orme del suo predecessore Joe Biden, favorevole a sostenere lo sforzo bellico di Kiev, e Donald Trump, che dice quasi esplicitamente di voler fermare gli aiuti, anche a rischio di veder trionfare la Russia.◆ fdl
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Questo articolo è uscito sul numero 1577 di Internazionale, a pagina 24. Compra questo numero | Abbonati