Steve, 34 anni, fa l’infermiere in una casa di cura inglese per persone con disabilità, ma non ha studiato per fare questo mestiere. Oggi nel Regno Unito il personale sanitario è molto ricercato: nel 2022 il paese ha reclutato dall’estero più di settantamila infermieri. Eppure, secondo il centro studi King’s Fund, il settore ha ancora 150mila posti di lavoro scoperti. È stato così che Steve ha ricevuto un’offerta dalla Active prospects, un’organizzazione che gestisce centinaia di case di cura britanniche. Questo significa che nel Regno Unito un immigrato può trovare un impiego in modo relativamente semplice se ha un visto di lavoro speciale.

Il lavoro nelle case di cura non è privo di rischi, dato che spesso i dipendenti non si attengono ai regolamenti e le responsabilità non sono stabilite in modo chiaro. In quella in cui lavora Steve, per esempio, i dipendenti – e il capo, spesso assente – si sono dati delle regole tutte loro. Le agenzie interinali li hanno reclutati in Nigeria, Ghana, Zimbabwe e Sri Lanka, perché le persone che provengono da questi paesi parlano bene l’inglese e sono disposte a lavorare dalle 43 alle sessanta ore alla settimana per 11,50 sterline all’ora (tredici euro). Il problema è che quasi tutte vogliono guadagnare più soldi nel minor tempo possibile per spedirli ai familiari a casa, dove il costo della vita è infinitamente più basso. Nessuno sa cosa succede davvero in questi posti, lo stato se ne disinteressa e non fa mai controlli: si accontenta di poter colmare la carenza di personale.

Dopo la Brexit e la pandemia di covid-19, il mercato del lavoro britannico è cambiato profondamente. Come in molti altri paesi, anche i britannici hanno colto l’occasione della pandemia per uscire dalla vita lavorativa e andare in pensione. Inoltre sono sempre di più le persone che restano a casa per prendersi cura di un parente, visto che nel paese il numero di adulti con patologie croniche è a livelli altissimi. Molti studenti delle scuole superiori o delle università faticano a riprendere gli studi. La popolazione inattiva è aumentata al punto che la Banca d’Inghilterra segue con apprensione il dato e i suoi effetti sull’economia.

Anche la Brexit ha lasciato il segno. Molti lavoratori dell’Europa continentale sono tornati a casa e ne arrivano sempre meno a causa delle condizioni ormai molto complicate per il rilascio dei visti. Per un professionista qualificato può valere la pena di affrontare le difficoltà burocratiche, ma i lavori poco pagati sono diventati ancora meno attraenti. Così, secondo i dati più recenti, nel Regno Unito c’è un milione di posti di lavoro vacanti.

Un’indagine del Centre for european reform (Cer) pubblicata all’inizio del 2023 ha stimato che la fine della libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea nel Regno Unito ha provocato una carenza di 330mila lavoratori. Dal momento che le nuove regole sull’immigrazione privilegiano l’ingresso di stranieri qualificati e con buoni stipendi, mancano le persone disposte a svolgere mansioni più umili, soprattutto nei settori dell’ospitalità e della ristorazione, nell’industria alimentare e della trasformazione, nei trasporti, nel commercio al dettaglio e nell’edilizia.

Con il nuovo sistema dei visti il governo ha creato una situazione critica: da un lato ha cercato di rassicurare gli elettori ansiosi di mettere fine a un’immigrazione ritenuta senza controllo; dall’altro ha riconosciuto che al paese serve manodopera. L’idea è che più una persona è qualificata, più facilmente entra nel Regno Unito. Nel 2022 Londra ha concesso 423mila visti di lavoro, soprattutto a cittadini provenienti da India, Nigeria, Filippine, Zimbabwe, Stati Uniti, Pakistan, Australia e Sudafrica. Tutti per lavoratori qualificati.

Il sistema ha creato una carenza di personale “a basso costo”, dato che i cittadini dell’Unione europea se ne sono andati e i britannici non hanno troppa voglia di raccogliersi da soli le fragole nelle afose serre di plastica, di sudare nei cantieri o di sedere per intere giornate alla guida dei camion. Il governo ha creato delle eccezioni, per esempio per i lavoratori stagionali, ma molti economisti le ritengono insufficienti. E prima delle elezioni è difficile che ci siano altre concessioni. Con le nuove regole sull’immigrazione il Regno Unito ha accolto ventimila lavoratori in più nel settore informatico. E il numero è destinato a crescere quando, a breve, il governo siglerà un nuovo accordo con l’India. Ma allo stesso tempo sono aumentate le disuguaglianze tra la ricca Londra e le regioni più povere del paese. Le persone qualificate arrivano nella capitale per lavorare nell’informatica, nella finanza, nell’amministrazione, nella sanità o nelle università, mentre in altre zone il turismo, l’agricoltura e l’edilizia aspettano invano il personale.

Secondo il Cer, se il Regno Unito non avesse rinunciato con la Brexit alla libera circolazione delle persone, nei settori alberghiero, della ristorazione e alimentare sarebbero arrivate 67mila persone in più dall’Unione europea e 31mila da paesi extraeuropei. I trasporti potrebbero contare su 130mila europei in più e il commercio al dettaglio su 120mila in più. Nell’edilizia ci sarebbero altri cinquantamila lavoratori europei.

A dodici miglia dalla costa

Alcuni settori sfruttano le lacune del sistema per ottenere comunque manodopera a basso costo. Da un rapporto dell’università di Nottingham uscito nel maggio 2022 è emerso che spesso i pescatori non europei sono assunti dalle navi britanniche con un visto di transito, che di fatto non gli consente di entrare nel paese. Queste persone sono costrette a operare sulle navi a più di dodici miglia dalla costa, non possono scendere nei porti e sono sfruttate brutalmente: salari minimi, nessuna assicurazione sanitaria e nessuna delle tutele previste dalle legge.

Un altro problema sono gli intermediari. In Nigeria, per esempio, si offrono posti di lavoro a basso reddito nel Regno Unito, ma si chiedono cifre molto alte per il servizio, trattenute dallo stipendio. Una volta arrivati, gli immigrati si rendono conto che la paga non è quella promessa dagli agenti e si ritrovano in condizioni simili a una moderna schiavitù, perché a causa dei debiti non possono abbandonare il lavoro. Steve era in una situazione simile. Poi qualcuno si è lamentato delle condizioni della casa di cura. Il suo capo è stato sospeso e le norme di sicurezza sono state di nuovo applicate. Una svolta positiva sia per lui sia per le persone con disabilità che vivono lì. ◆ nv

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Questo articolo è uscito sul numero 1528 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati