Con la minaccia della resistenza agli antibiotici in aumento, i ricercatori stanno sviluppando nuovi modi per prevenire le infezioni delle vie urinarie (Ivu) ricorrenti e croniche. Queste infezioni colpiscono soprattutto le donne e possono causare sintomi debilitanti. Gli scienziati stanno inoltre testando modi più sicuri per curare le Ivu usando gli antibiotici, che spesso causano effetti collaterali. “Ho provato vari antibiotici, e quello che uso ora è l’unico che non mi causa sintomi gravi”, dice Gemma Perry, 43 anni, che soffre di un’infezione cronica da dodici anni.
Le infezioni batteriche coinvolgono la vescica, i reni e i condotti che li collegano. I sintomi più comuni sono bruciore durante la minzione, stimolo a urinare più spesso del normale e dolore addominale. Tra il 40 e il 60 per cento delle donne ha almeno una Ivu durante la vita e nel 20 per cento circa di loro diventa ricorrente. I sintomi complicano la vita quotidiana. “Durante le fasi acute andavo in bagno una ventina di volte al giorno con grande dolore”, racconta Perry. Ora assume una dose giornaliera di antibiotici che riducono la proliferazione dei batteri nella sua vescica. La maggior parte di quelli che ha provato causa effetti collaterali come formicolio alle dita e battito irregolare.
Al congresso dell’Associazione europea di urologia, ad aprile, sono stati presentati i risultati dei test sul vaccino Mv140. Sviluppato più di dieci anni fa dall’azienda spagnola Inmunotek, contiene quattro specie di batteri inattivati e si assume per via orale. L’urologo Bob Yang e i colleghi del Royal Berkshire Hospital di Reading, nel Regno Unito hanno seguito 89 volontari dal 2014, scoprendo che circa metà di loro non ha avuto infezioni per nove anni. “È un ottimo risultato, e non ci sono stati né effetti collaterali né complicanze a lungo termine”, osserva Yang.
Secondo Jennifer Rohn, esperta di microbiologia cellulare dello University College London, a causa delle differenze nello sviluppo delle infezioni il vaccino non funzionerà per tutti, ma sarà utile a molti. Lo studio però si basava su un campione piuttosto limitato, deve ancora essere sottoposto a revisione e si è concentrato su infezioni relativamente semplici, aggiunge Rohn. “Sarebbe bene poter studiare più persone e casi più complessi”. Il gruppo ha in programma di testare il vaccino su infezioni gravi, per esempio su chi ha una lesione del midollo spinale e un rischio maggiore di contrarle per motivi anatomici. Ma probabilmente ci vorranno anni prima che l’Mv140 sia autorizzato.
Efficacia confermata
In un altro intervento è stato illustrato come somministrare l’antibiotico gentamicina direttamente nella vescica invece che per via orale riduca la resistenza dei batteri che causano le Ivu. L’urologa Pragnitha Chitteti e i colleghi del James Cook University hospital di Middlesbrough, nel Regno Unito, hanno trattato con la gentamicina 37 persone, soprattutto donne le cui infezioni non rispondevano a bassi dosaggi di antibiotici. Il farmaco è stato somministrato in dosi variabili per diversi mesi attraverso un catetere. Se prima del trattamento era stata riscontrata resistenza a più farmaci nei campioni di batteri del 44 per cento dei pazienti, dopo il trattamento la resistenza è scesa ad appena il 10 per cento. I ricoveri ospedalieri sono passato dal 41 per cento al 5 per cento, e la frequenza delle infezioni è diminuita nel 76 per cento dei volontari.
Tra le alternative per curare le Ivu e ridurre la resistenza agli antibiotici c’è anche la metenamina ippurato. Questo farmaco, sviluppato decenni fa, era stato scartato per mancanza di studi comparativi sulla sua efficacia. In uno studio del 2022 che ha coinvolto circa 240 donne, però, il farmaco si è dimostrato in grado di ridurre il rischio di infezioni ricorrenti quanto gli antibiotici. I risultati hanno quindi indotto l’Associazione europea di urologia a consigliare l’uso della metenamina ippurato per prevenirle in chi non ha anomalie anatomiche delle vie urinarie.
Perry è consapevole che potrebbero volerci anni prima di poter usufruire delle nuove terapie: “So bene che continuare a prendere gli antibiotici non è il massimo, ma al momento non ho altra scelta”. ◆ sdf
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Questo articolo è uscito sul numero 1562 di Internazionale, a pagina 103. Compra questo numero | Abbonati