Nelle mappe antiche c’erano aree indicate come “terra incognita”. Terra sconosciuta. È il modo con cui i cartografi identificavano i luoghi ancora inesplorati. Il 19 novembre l’Argentina è entrata in una geografia di questo tipo: con la vittoria netta di Javier Milei sul peronista Sergio Massa, il paese ha preso una strada mai percorsa. È cominciata una nuova epoca.
La vittoria di Milei ha superato le previsioni di tutti i sondaggi. È il successo di un candidato senza struttura, figura pubblica da poco più di cinque anni e sostenitore di idee ultraliberiste. Da allora Milei ha percorso il paese in lungo e in largo al grido di “tutti a casa”. Quarant’anni dopo il ritorno della democrazia, il voto del 19 novembre chiama in causa, o dovrebbe farlo, un’intera classe politica, dato che prima ancora di sconfiggere il peronismo, La libertad avanza (il partito di Milei) aveva prevalso su Juntos por el cambio (il partito di centrodestra dell’ex presidente Mauricio Macri).
Le ragioni sono tante. Tra queste c’è una crisi economica generalizzata che si manifesta in cicli ricorrenti e ha peggiorato la situazione sociale e lavorativa degli elettori. Ma al di là delle analisi, emerge un segno dei tempi: più di metà degli elettori ha deciso di fare un salto nel vuoto, ripudiando tutto ciò che era familiare. In questo contesto deprimente Milei è riuscito ad accendere la scintilla della rappresentanza politica in un’ampia fetta della popolazione. Non si è preoccupato di convincere gli elettori che capiva il loro malessere, ma ha preferito gridare, insultare e gesticolare presentandosi come uno di loro. Ha saputo cogliere lo spirito del tempo. Con un’operazione tipicamente populista, ha intercettato l’inquietudine della gente indirizzandone la rabbia contro i vertici e contro quella che, riprendendo una parola cara al fascismo di Benito Mussolini ma anche a Podemos di Pablo Iglesias, ha definito “casta”.
Machiavellismo intelligente
La vittoria di Milei affonda le radici in un malessere diffuso da molti anni e ha spinto gran parte della popolazione argentina a chiedere un cambiamento radicale che metta fine all’angoscia di una vita senza futuro. Per queste persone la “casta” non è circoscritta alla classe politica, ma comprende tutto ciò che odora di potere, clientele, élite.
In questo clima, la campagna elettorale di Massa è stata inadeguata. La strategia principale del ministro dell’economia era dimostrare che Milei è un pazzo. Il problema è che gli ultimi mesi sembrano dare ragione a William Shakespeare: c’è del metodo in questa follia. Dietro gli scatti e le intemperanze si nasconde un machiavellismo intelligente. Milei ha prima sfruttato Massa, da cui è stato finanziato per affondare Juntos por el cambio, poi si è servito del centrodestra per sbaragliare Massa. Non proprio un comportamento da ingenuo.
Ora il programma di Milei dovrà cambiare. Ne abbiamo avuto già un assaggio: mentre i suoi sostenitori il 19 novembre scandivano “Vadano tutti a casa! Tutti, nessuno escluso”, Milei ha precisato che “chiunque difenderà la libertà sarà il benvenuto, a prescindere dalla sua provenienza”. Il messaggio è chiaro: d’ora in poi sarà “casta” solo chi lo contrasterà. Tra i voti che ha ricevuto molti sono stati una bocciatura di Massa, non un’adesione a un progetto politico. Dovrebbero ricordarselo quelli che, fuori e dentro il paese, presentano il risultato elettorale solo come il trionfo maggioritario di una destra ideologica. ◆ as
Carlos Pagni è un giornalista e storico argentino nato nel 1961.
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Questo articolo è uscito sul numero 1539 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati