Come altri paesi, l’Islanda ha eliminato le ultime restrizioni contro il covid-19. A differenza di altri paesi, però, il ministero della salute ha annunciato a sorpresa che l’obiettivo è l’immunità di gregge. “È il modo migliore per uscire definitivamente dalla pandemia”, ha detto il governo in un comunicato stampa del 23 febbraio. “Per raggiungerla dovrebbero contagiarsi più abitanti possibile, perché i vaccini da soli non bastano, anche se forniscono una buona protezione dai sintomi gravi”.
Il 25 febbraio l’Islanda ha revocato le ultime restrizioni, permettendo alle persone di riunirsi al chiuso senza limitazioni e aprendo i confini. Anche Inghilterra e Irlanda del Nord hanno da poco eliminato le restrizioni, compreso l’isolamento dei contagiati, mentre Galles e Scozia lo faranno presto. Sostenere che contagiarsi sia una buona cosa, però, è un passo ulteriore.
Tasso di mortalità basso
La reazione dell’Islanda alla pandemia, con il suo approccio “covid zero”, è stata d’esempio per il mondo intero. Il paese ha avuto un tasso di mortalità estremamente basso. Il 23 marzo 2020, quando il Regno Unito è entrato in lockdown, in Islanda non c’era stato neanche un decesso su 366mila abitanti. I dati sui morti sono imperfetti, perché ogni paese ha un metodo diverso per contarli, ma dall’inizio della pandemia l’Islanda ha registrato appena 77 vittime. Dall’abolizione delle restrizioni i contagi sono aumentati: secondo i dati della Johns Hopkins university, il 25 febbraio erano 2.907 e il 10 marzo sono saliti a 3.737.
L’espressione immunità di gregge non ha una definizione univoca, ma è spesso associata a una libera circolazione del virus sars-cov-2 mentre si proteggono le persone fragili. Si presume che il virus perda forza dopo aver infettato gran parte della popolazione. Gli esperti, però, sono quasi tutti concordi sull’impossibilità di arrivare a questo risultato. Nel gennaio 2021 gli ospedali dell’Amazzonia brasiliana sono entrati in crisi nonostante l’alto tasso di contagi della prima ondata. Alla fine del 2021 quasi tutti gli abitanti dell’Iran avevano contratto la malattia almeno una volta, ma l’immunità di gregge è rimasta un miraggio.
Dopo la guarigione o la somministrazione del vaccino l’immunità si attenua, e le nuove varianti contribuiscono a eluderla. È vero però che un contagio passato riduce il rischio di ammalarsi gravemente di una nuova variante, ed è questo il tipo d’immunità che l’Islanda sta perseguendo, spiega Gudrun Aspelund, responsabile del centro per la sicurezza sanitaria. La fine delle restrizioni è stata favorita dalla consapevolezza che la variante omicron sia meno pericolosa delle precedenti e dal fatto che l’80 per cento della popolazione ha ricevuto due dosi di vaccino. E non è un incoraggiamento ad ammalarsi di proposito, dice Aspelund.
Anche se di solito i giovani non sviluppano complicanze, possono manifestare il cosiddetto long covid, dice Christina Pagel dello University college di Londra: “Dato che non conosciamo ancora a fondo gli effetti a lungo termine del virus, sarebbe meglio evitare rischi”. Il governo islandese è invece convinto di non avere scelta, spiega Aspelund: “Per fermare la diffusione della variante omicron, meno grave ma più contagiosa delle precedenti, servirebbero misure estreme. Dovremmo limitare a lungo le attività sociali. Azzerare i casi non è più possibile. Almeno qui da noi”.
Il possibile arrivo di una nuova variante preoccupa gli esperti di salute pubblica. “Se fosse più virulenta e le persone conservassero un po’ d’immunità, essere guariti dalla omicron rappresenterebbe un vantaggio”, dice Francois Balloux dello University college di Londra. Studi recenti dimostrano infatti che la massima protezione, chiamata immunità ibrida, è data dall’intero ciclo vaccinale più un’infezione. Ma è impossibile sapere con certezza se l’immunità alla omicron proteggerà dalle future varianti, spiega Neil Mabbott dell’università di Edimburgo.
“Non stiamo dicendo ai cittadini di organizzare dei covid party, ma pensiamo che ammalarsi sia inevitabile”, conclude Aspelund. ◆ sdf
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Questo articolo è uscito sul numero 1452 di Internazionale, a pagina 96. Compra questo numero | Abbonati