Con le dovute proporzioni e senso della misura, la vicenda artistica di Madame ricorda un po’ quella di The Weeknd negli Stati Uniti: due artisti precoci visti come salvatori della musica urban o rnb quando diffondevano i loro lavori in maniera informale e neanche tanto segreta ma con la giusta aura di sorpresa. Poi è arrivato l’esordio ufficiale, e sono stati scaraventati in arene pop e mainstream.

Tutti e due, dopo l’incontro con la popolarità, che esige determinati tributi, hanno rivolto uno sguardo al passato per rigenerare il proprio discorso: The Weeknd si è buttato a pesce su Michael Jackson e un certo glitz anni ottanta; Madame ha ascoltato Fabrizio De André, assecondando la tentazione, nel secondo disco appena uscito intitolato L’amore, di scrivere canzoni con uno spirito “cosa direbbe Marinella se potesse parlare?”.

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In entrambi i casi, si può dire che i brani migliori arrivano quando sorvolano sui padri o se ne sbarazzano. Le parti più convincenti del secondo disco di Madame, sicuramente migliore dell’esordio, non sono nel confronto con il cantautorato anni settanta aperto, osceno e di rottura, o con i motivetti della tradizione italiana, ma paradossalmente nel fiabesco: quando mette da parte sociologia e costume, e vira su pezzi un po’ kitsch e un po’ da saga di re Artù, come Per il tuo bene o la branduardiana La festa della cruda verità, Madame riesce ancora a spiazzare.

In merito alle questioni di genere, in tutto il canzoniere sull’amore molesto, spicca invece la canzone dedicata all’amica: Milagro – A Matilde, che arriva addirittura in zona Tori Amos, un’altra artista nata e rimasta “squilibrata”. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1507 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati