Anche quest’anno i miei due figli di sette e nove anni sono iscritti solo a un’attività sportiva. Mi sento l’unica a non sbattermi a cercare corsi di teatro, musica o equitazione, perché non mi va di fargli seguire corsi che non vogliono fare. Ma mi sento l’unica a pensarla così. Sbaglio io? –Lola
“Mia figlia non voleva più fare gli esercizi di violino. Io insistevo e cercavo di convincerla. Le ho detto che era normale che faticasse e che ci sarebbe voluto un po’ prima di migliorare. Con mio grande imbarazzo, ammetto di averle anche detto che il violino ci stava costando 75 dollari all’ora. Ma quando ero sul punto di pronunciare l’intramontabile frase ‘da grande mi ringrazierai’, ho avuto un’illuminazione: e se invece no? La figlia a cui piace suonare il pianoforte poteva pure continuare a studiarlo, ma perché obbligare l’altra a fare violino? Cos’era questa ossessione di dotarle di una serie di talenti degni di piccole protagoniste di un libro di Jane Austen? Abbiamo lasciato il violino”. Emma Brockes, che due anni fa ha raccontato questo episodio sul Guardian, è considerata l’inventrice del termine “genitore medusa”. Da anni si parla delle mamme tigre: “madri dominanti dedicate a rimpinzare il curriculum extrascolastico dei figli”, per usare la definizione di Brockes. La giornalista statunitense ha coniato l’espressione “genitore medusa” perché le meduse sono tutto il contrario: morbide, trasparenti, flessibili. Il genitore medusa non stimola i figli ma li accompagna nelle loro passioni quando emergono. Forse sei semplicemente una mamma medusa.
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Questo articolo è uscito sul numero 1589 di Internazionale, a pagina 14. Compra questo numero | Abbonati