La cerimonia degli Oscar interessa ancora a qualcuno? Questa domanda agitava Hollywood alla vigilia della 94a edizione dei premi dell’Academy of motion picture arts and sciences. Nel 2021 la serata di gala si è svolta alla Union station di Los Angeles ed è stata seguita solo da 10,5 milioni di telespettatori. Senza dubbio una conseguenza della pandemia, ma anche l’effetto di un disinteresse cresciuto inesorabilmente dopo l’edizione record del 1998, quando più di 55 milioni di telespettatori seguirono il trionfo di Titanic di James Cameron, che vinse undici Oscar. Quest’anno, con il ritorno delle star al Dolby theater di Los Angeles, l’Academy sperava d’invertire la tendenza e ha scelto di puntare sull’unità di chi ama il cinema con lo slogan: “Movie lovers unite”.
Uno show da salvare
L’idea era di mostrare che le polemiche suscitate dalle edizioni prima della pandemia sull’assenza di registe o sui pochi premi assegnati a persone non bianche non avevano più senso di fronte a minacce ben più gravi per l’industria del cinema come la chiusura delle sale e la disaffezione degli spettatori. O la concorrenza dello streaming, altro grande pericolo per molti. Tra cui Steven Spielberg: strenuo difensore della frontiera tra piccolo e grande schermo, e uno dei grandi perdenti dell’edizione di quest’anno.
Sotto la pressione del network Abc, che fa parte del gruppo Disney e ogni anno trasmette la serata degli Oscar, l’Academy ha accettato di abbreviare la cerimonia. La consegna di otto premi – su un totale di 23 – è stata registrata e proposta a spezzoni durante la trasmissione in diretta. Una decisione che ha spinto alcuni dei sacrificati ad abbandonare il circolo dei circa diecimila “accademici” che ogni anno assegnano i premi.
L’Academy ha invece ripristinato la tradizione del maestro di cerimonia per condurre la serata. In questa occasione il compito è stato affidato a un trio di comiche, Amy Schumer, Regina Hall e Wanda Sykes (“Tre donne e costiamo meno di un solo uomo!”, hanno ironizzato). Per diversificare ancora di più, si è fatto ricorso a presentatori lontani dall’ambiente di Hollywood, come DJ Khaled, che ha fatto finta di disturbare l’inizio della serata, o tre personaggi dello sport, lo snowboarder Shaun White, il surfista Kelly Slater e la leggenda dello skateboard Tony Hawk, saliti sul palco per presentare un omaggio a James Bond a sessant’anni da Agente 007. Licenza di uccidere, il primo film in cui è comparso.
A quanto pare sette anni dopo aver scatenato l’hashtag #OscarsSoWhite per aver attribuito la totalità dei premi principali ad attori, autori e registi bianchi, l’Academy ha fatto suo il messaggio. La cerimonia è cominciata con la canzone Be alive di Beyoncé, che si è esibita in collegamento da un campo da tennis di Compton, il quartiere della rivolta nera di Los Angeles, nel 1992. Ariana DeBose, Anita nel West side story di Steven Spielberg, è la prima queer latina a vincere la statuetta, come miglior attrice non protagonista. “A tutti quelli che s’interrogano sulla loro identità e che si trovano in una zona grigia, vi garantisco: c’è posto anche per noi”, ha affermato l’attrice.
Con I segni del cuore, remake del film francese La famiglia Bélier, Troy Kotsur è diventato il secondo attore sordo a vincere un Oscar dopo Marlee Matlin, che aveva vinto nel 1987 per Figli di un dio minore e recita anche in questo film. Acclamato dal pubblico che ha applaudito nella sua lingua, agitando le mani, l’attore ha dedicato la statuetta a suo padre. Un uomo, ha raccontato l’attore, che era il migliore nella lingua dei segni fino al giorno in cui un incidente di macchina lo ha paralizzato, privandolo del suo mezzo di comunicazione.
◆ Diversi i primati raggiunti da I segni del cuore, il film di Siân Heder che il 27 marzo si è aggiudicato tre premi Oscar su tre candidature, miglior film, attore non protagonista e sceneggiatura non originale. Targato Apple Original Films, è il primo film distribuito da una piattaforma streaming (Apple Tv +) e il primo presentato al Sundance film festival a vincere l’Oscar come miglior pellicola. E non era mai successo che il miglior film non fosse candidato anche ai premi per la regia e il montaggio. Apple ha comprato i diritti del film dopo la partecipazione al Sundance per 25 milioni di dollari, investendone più di dieci nella campagna per l’Oscar. In sala il film ha incassato poco più di un milione di dollari e probabilmente non ha influito sensibilmente sugli abbonamenti ad Apple Tv +. Ma per la Apple il successo agli Oscar significa un maggior potere di contrattazione con le produzioni e le star rispetto ai suoi principali concorrenti nell’universo dello streaming. Variety
È stata una donna invece a vincere il premio per la regia: Jane Campion con Il potere del cane, prodotto da Netflix. Un film che rivisita la virilità nel western dirretto dalla neozelandese che aveva già vinto l’Oscar per la migliore sceneggiatura nel 1994 con Lezioni di piano. Jessica Chastain, premio per la miglior attrice protagonista in Gli occhi di Tammy Faye, biografia della televangelista statunitense, ha denunciato le violenze e l’odio contro la comunità lgbtq in tutto il mondo. Will Smith ha ricevuto il premio per l’interpretazione maschile recitando nei panni di Richard Williams, il padre di Venus e Serena Williams, in Una famiglia vincente. King Richard di Reinaldo Marcus Green. Alcuni minuti prima l’attore è stato al centro di un episodio che rimarrà negli annali dell’Academy. Smith infatti è salito sul palco per schiaffeggiare il comico Chris Rock, che aveva fatto una battuta sul cranio rasato di sua moglie, Jada Pinkett Smith, che soffre di alopecia. Più tardi, nel suo discorso di ringraziamento per l’Oscar, uno Smith in lacrime si è scusato per il gesto.
Compromessi necessari
In fin dei conti l’Oscar per il miglior film ha mostrato che la guerra tra le case di produzione e le piattaforme di streaming è (forse) finita con la vittoria di I segni del cuore, distribuito da Apple Tv. Meno di dieci anni dopo il forcing di Netflix per far ammettere i suoi film, quest’anno la piattaforma premiata nel tempio di Hollywood è stata un’altra. È vero che l’Academy ha ancora una volta negato a Netflix il premio che insegue da tempo, ma è sembrata riconoscere e accettare i necessari compromessi imposti dalla pandemia. Tanto più che gli studi cinematografici non sono ancora usciti dalla crisi: secondo la Motion picture association nel 2021 gli incassi in sala sono stati di 21,3 miliardi di dollari (19,43 miliardi di euro), cioè la metà rispetto al 2019. Le animatrici della serata hanno sintetizzato questo cambiamento a modo loro. Gli Oscar? “È dove la gente che ama il cinema si riunisce per guardare la tv”. ◆ adr
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Questo articolo è uscito sul numero 1454 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati