Cultura Suoni
Forfolks
Jeff Parker (nonesuch)

Meglio conosciuto come il chitarrista dei Tortoise, influente gruppo post-rock di Chicago, Jeff Parker, che ora vive a Los Angeles, ricopre molti ruoli: ­leader della band, compositore di colonne sonore cinematografiche, collaboratore di musicisti più famosi di lui. Il terzo album solista di Parker per l’etichetta International Anthem è una gemma meditativa che rompe con lo stile delle sue precedenti opere. The new breed (2016) aveva commemorato il padre di Parker; Suite for Max Brown (2020) era dedicato a sua madre, Maxine. Forfolks invece sceglie la strada dei loop, dato che Parker campiona la sua stessa chitarra solista per creare pennellate impressioniste e minimaliste che stanno in uno spazio sospeso tra jazz e ambient. Ci sono interpretazioni decostruite dello standard jazz My ideal e di Ugly beauty di Thelonious Monk. La traccia di chiusura, La jetée, torna a Jetty dei Tortoise (1998) e agli Isotope 217°, il progetto parallelo creato dalla band insieme alla Chicago Underground Orchestra. Il titolo del disco, invece, fa riferimento alla parte culturalmente ricca della Virginia dov’è nato Parker, un’area storicamente in prima linea nella lotta contro la schiavitù.

Kitty Empire,
The Observer

Juno
Remi Wolf (Haley Appell)

Di questi tempi il pop è più tranquillo; la pandemia ha spinto tutti gli artisti a essere riflessivi e cauti, quasi austeri. Remi Wolf esiste al di fuori di questo ecosistema: nel suo debutto ha dedicato una canzone ai Red Hot Chili Peppers e ha usato gli effetti sonori presenti in un episodio del cartone animato Spongebob squarepants, quindi largo a delfini urlanti, vetri rotti e sirene della polizia. La sua voce passa da rap chiari ed elastici ad abbracci soul in cui realizza il suo potenziale da ex concorrente di American idol. Immaginate una scultura del tardo periodo di Frank Stella in grado di ballare e sarete vicini a come suona la sua musica. In Juno la cantautrice californiana si conferma una delle voci festaiole del pop attuale, tra baccanali e hangover. Si lancia in un registro grottesco senza batter ciglio: come se i glitter e il vomito si fossero mischiati dentro lo studio di registrazione. Ma in Juno in realtà fa capolino anche l’interiorità espressa dall’alienazione o dal vuoto lasciato dalla fine di un amore. È facile lasciarsi trasportare dal ritmo della sua musica e vedere insieme a lei un mondo dalle tonalità sfrontate.

Austin Nguyen,
Pop Matters

Brilliant adventure (1992-2001)

Alla fine Toy, uno degli album perduti di David Bowie, ha visto la luce come parte del cofanetto Brilliant adventure (1991-2001), dedicato alla sua produzione degli anni novanta. Toy fu registrato nel 2000, un periodo in cui l’artista britannico attraversava un momento di splendida forma e aveva cominciato a rivisitare i suoi primi brani composti negli anni sessanta. La Emi si era incompresibilmente rifiutata di pubblicare il disco. Eppure, ascoltato oggi, Toy si rivela un piccolo gioiello. A partire dalla traccia di apertura, I dig everything, che è un singolo del 1966, quando il cantante si faceva ancora chiamare Davy Jones. Ma il discorso vale anche per The London boys o Conversation piece, un lato b del 1970 trasformato dagli archi di Tony Visconti e dalla voce più matura di Bowie. Nel corso degli anni erano usciti solo alcuni di questi brani, ma solo ora possono essere ascoltati come li aveva concepiti l’autore. Il resto del cofanetto ricostruisce il cammino di Bowie negli anni novanta, un’epoca meno fortunata dal punto di vista commerciale, ma in cui l’artista cercò di riaccendere il suo lato sperimentale con dischi come Black tie white noise, The Buddha of suburbia, 1.Outside, Earthling e ‘hours…’.

Neil McCormick,
The Daily Telegraph

Specchio veneziano. Opere di Vivaldi e Reali

Ottima idea quella di mettere allo specchio Antonio Vivaldi e Giovanni Battista Reali, esatti contemporanei a Venezia. Anche perché il primo lavoro di tutti e due si conclude con una follia per due violini, violoncello e basso. Entrambe erano un omaggio: quella di Vivaldi (1701-03) a Corelli, quella di Reali (1709) a Vivaldi. Ed è proprio Reali la scoperta: la sua scoppiettante follia ricorda direttamente la ­verve del Prete rosso, mentre la sua sinfonia IV è decisamente corelliana. E, insieme alla scorrevolezza della severa sinfonia IX e alla tenerezza della sinfonia X, ci convince di quando sia importante ridare vita alle opere di questo musicista misterioso. Questo album è un bellissimo specchio i cui riflessi portano lo sguardo verso un orizzonte nuovo.

Olivier Fourés,
Diapason

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1440 - 17 dicembre 2021

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