In un’epoca in cui le questioni d’identità sono delicate e spinose, c’è qualcosa di audace nell’impostazione di Mille lune. Continuando l’ambizioso ciclo che attinge a una versione romanzata della sua storia familiare, Barry si rivolge ora a una figura minore del suo precedente romanzo, Giorni senza fine. Winona fa parte dei nativi lakota – “Il popolo più triste che sia mai esistito sulla Terra” – ed è salvata da Thomas McNulty (protagonista dell’ultimo libro) e dal suo compagno John Cole. Barry sa bene di essersi addentrato in un territorio scivoloso. “Io sono Winona”, comincia il romanzo, prima di qualificare questa dichiarazione d’identità apparentemente semplice. È destino di Winona essere adottata e chiamata con un altro nome, appropriazione che indica la posizione conflittuale dell’autore, che parla con la voce di lei. “All’inizio ero Ojinjintka, che significa rosa. Thomas McNulty si è sforzato molto di pronunciare questo nome, ma non ci è riuscito, e così mi ha dato il nome di mia cugina morta perché era più facile nella sua bocca. Winona significa primogenita. Io non ero primogenita”. Mille lune salta in avanti di qualche anno rispetto a Giorni senza fine, ma sta in piedi da solo. Siamo nel 1870 e McNulty e Cole vivono in una fattoria nel Tennessee, una specie di oasi utopica nel caos seguito alla guerra civile. La più grande minaccia è il razzismo e Winona non è al sicuro. Infatti è violentata brutalmente e riempita di whisky perché non ricordi chi l’ha aggredita. Parte in cerca di vendetta. Le sue avventure la portano in un viaggio che è terrificante, emozionante e incantevole, il tutto reso nella prosa lirica di Barry.
Alex Preston, The Guardian
Yan Lianke è uno di quei rari geni che trova nelle assurdità tipiche della sua cultura le assurdità che infettano tutte le culture. Il giorno in cui morì il sole è una commedia sociale che sanguina come un’apocalisse zombie. La storia si svolge durante una mortale notte d’estate in un piccolo villaggio della Cina centrale. Il protagonista è Li Niannian, 14 anni. Quasi tutti lo ritengono un idiota, ma questo non è giusto. Infatti, sta raccontando lui stesso questa storia solo perché il suo vicino, Yan Lianke, è sfinito e senza speranza. Finché Yan non potrà recuperare la sua ispirazione, Li dovrà sostituirlo. Quella che segue è una descrizione organizzata ad arte, minuto per minuto, del “grande sonnambulismo”, una terribile notte che “ha oscurato il cielo e coperto la terra, lasciando tutto in uno stato di caos”. Sono i “sognatori” senza gioia dell’economia moderna, terrorizzati – anche nel sonno – di rimanere indietro, di perdere una sola vendita o il più piccolo salario. Questa ironica allusione al “sogno cinese” – lo slogan nazionale del presidente Xi Jinping – è proprio il tipo di protesta mascherata che fa sì che i romanzi di Yan siano censurati nel suo paese natale. Con il passare dei minuti, il villaggio scende sempre più nella violenza e nella follia. Suicidi, omicidi e aggressioni lacerano il silenzio notturno, e ladri storditi vagano per le strade buie sperando di derubare i loro vicini altrettanto storditi. Anche se non vediamo mai le visioni che tormentano i personaggi, ci muoviamo con Li nell’atmosfera viscosa dei sogni. Ma dopo poco ci ritroviamo ipnotizzati dalla logica distorta degli incubi.
Ron Charles, The Washington Post
In Trilogia della guerra ci sono tre libri, i cui protagonisti riflettono sulla dispersione del tempo presente: uno scrittore che vive clandestinamente sull’isola di San Simón, nell’estuario di Vigo, in Spagna, che fu rifugio di pirati, lazzaretto e campo di concentramento durante la guerra civile; il quarto astronauta della missione lunare, che non appare nelle foto perché le ha scattate lui; e una donna solitaria in viaggio lungo la costa dello sbarco in Normandia. Ma più che personaggi sono voci narranti, flussi di coscienza. Il romanzo è così coinvolgente che è impossibile non ammettere una certa confusione tra intelligenza e genialità. La solidità poetica, ben intrecciata allo sfondo scientifico, è al servizio di una lettura inquietante della realtà, costantemente scrutata, che non resta mai ferma. Con questa libertà e una certa dose di talento speculativo, Fernández Mallo ci sfida a rivedere la struttura della realtà, combinando rigore e anomalia.
Francisco Solano, El País
I racconti di Grazie Chanchúbelo – esagerati, iperbolici, rabelaisiani, falsamente esotici – esigono di essere letti secondo il principio del realismo delirante che l’autore dichiara di praticare. In loro si rivela una miscela di conoscenze e preoccupazioni: occultismo ed esoterismo, tecnologia e scienza, autorità e potere, politica intesa come cospirazione. Il lettore troverà una varietà di storie e personaggi singolari: una nave cisterna che è una città babelica e un paese errante, un serial killer il cui crimine è inseguire donne belle e voluttuose per ignorarle, la vita e la morte di un re afflitto da meteorismo, un pozzo che dà denaro, santi che intraprendono compiti ciclopici che non finiscono mai. E scrittori, molti scrittori: mediocri, falliti, morti di fame, o che sognano la grande opera, scrittori che implorano gli dei per un po’ di talento o di originalità, scrittori al mercato che vendono i loro servizi sulla pubblica piazza, che presentano la loro opera a un editore o in un concorso, scrittori che vendono l’anima al diavolo. La prosa di Laiseca gioisce della sua stessa distorsione ed è pronta a fare la guerra a chiunque si opponga.
La Nación
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