Cultura Suoni
Big time
Angel Olsen (Angela Ricciardi)

“Donne tristi e arrabbiate” è il titolo della prima playlist che esce su Spotify se cercate Angel Olsen. È vero, all’inizio Olsen era la risposta psych-folk del duemila a Édith Piaf, con le sue grandi storie di amore tormentato. Ma Big time, il suo sesto album, è un trionfo di tiepide brezze country d’annata. Ci sono sbadiglianti sitar elettrici, unghiate di steel guitar, lenti fiati e un polveroso piano da osteria che procede lento come un gatto; statiche melodie romantiche con l’eco dell’Elvis di fine anni sessanta e di Scott Walker; uno strano quasi yodel che strizza l’occhio ai fantasmi di Patsy Cline e Kitty Wells. Per l’artista trovare la soddisfazione dorata di Big time è stato difficile: mentre stava preparando il disco ha fatto coming out come gay, dopo tre giorni suo padre è morto, ha presentato alla famiglia la sua nuova compagna Adele Thibodeaux, poi è morta anche sua madre. L’album non è solo la storia d’amore di Olsen: è un viaggio attraverso le molte grandi, traumatiche e liberatorie esperienze dei suoi ultimi ventiquattro mesi. “Perdere i genitori mi ha fatto sentire tranquilla parlando di sentimenti”, ha detto in una recente intervista. Big time ha un lungo arco narrativo: All the good times ripercorre la fine di una storia d’amore con una melodia che ricorda In the ghetto; il pezzo che dà il titolo all’album celebra i semplici piaceri della sua nuova relazione: caffè, falò in campagna, starsene sdraiate nell’erba. L’album procede con tocchi fragili e momenti più rockeggianti. Fino a This is how it works, che ci riporta nel dolore di Olsen, ripetendo: “Sono tornati i tempi duri”. L’ottima band si muove attentamente intorno alla cantante, lasciandole spazio e offrendole tocchi elastici di una nuova prospettiva sonora. Altro che triste e arrabbiato: Big time è un lavoro edificante, che caccia via il dolore guardandolo dritto negli occhi.

Helen Brown, Independent

You can’t kill me
070 Shake (Eddie Mandell)

070 Shake è una visionaria. Da quando nel 2015 è apparsa sulle scene con il collettivo 070 ci regala una creatività unica e inverosimile. Il 2022 sembra già un anno impegnativo per lei, artista del New Jersey: ha lavorato con Madonna per una nuova versione di Frozen e ha appena pubblicato l’atteso seguito di Modus vivendi del 2020. You can’t kill me, che offre quattordici tracce, è un lavoro onesto e straordinario. L’apertura è affidata a Web, che tra synth euforici dimostra quanto l’artista sia brava a scrivere. L’euforia pervade anche il resto: la successiva Invited è due minuti e quarantuno secondi di pura serotonina in cui intelligenza elettronica si mescola con intelligenza a violini, percussioni e voci gospel. L’album racconta in maniera diretta le relazioni, anzi, possiamo vederla come una composizione romantica scritta per qualcuno. Tra i vari colpi che You can’t kill me riesce a sferrare, Body spicca tra tutti: la collaborazione con Christine and The Queens sembra strana ma in realtà funziona benissimo. La chiusura è affidata a Se fue la luz (la corrente è andata via), che racconta il ricordo di un amore passato. Una fine perfetta per un’opera eclettica.
Isabella Miller, Clash

Gli appassionati di pianoforte storico devono dire grazie alla Eloquence per questa nuova, curatissima ristampa che ci restituisce finalmente tutte le registrazioni di Wilhelm Kempff per la Decca fatte negli anni cinquanta. I pezzi di Bach, originali e trascrizioni, sono interessanti perché fondono la fedeltà testuale da pianista del secondo novecento e i tocchi da vecchia scuola come i raddoppi di ottava e i climax colossali. Brahms è luminoso, molto più convincente qui che nei rigidi remake per la Deutsche Grammophon. Il concerto di Schumann con Josef Krips non è indimenticabile, ma comunque assai migliore della fiacchissima versione con Rafael Kubelík. Liszt è una vera sorpresa. I concerti hanno uno stile classico e nobile, e gli estratti dagli Années de pèlerinage sono raffinatissimi. Il vertice arriva con la trascendentale profondità delle due Légende, dove il poeta e il virtuoso si fondono perfettamente.
Jed Distler, ClassicsToday

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1464 - 10 giugno 2022

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