Cultura Suoni
Natural brown prom queen
Sudan Archives (Ally Green)

Molti artisti tentano di superare i confini tra i generi e di essere originali. Ma farlo bene è tutto un altro paio di maniche. Nell’ultimo disco di Sudan Archives la violinista e cantautrice statunitense gioca con arrangiamenti imprevedibili e trova una solida via di mezzo, che le permette di raccontare la sua storia attraverso ritmi e narrazioni dinamiche. Non appena finisce il primo brano, Home maker, ci si sente già avvolti dagli archi lussureggianti e dai ritmi di batteria. Il modo in cui Sudan Archives costruisce i pre ritornelli dà molta profondità alla struttura di queste canzoni, aggiungendo un senso di mistero su dove andranno a parare le melodie. Il ritmo lento di una canzone come ChevyS10 mostra quanto tempo e cura la musicista dedichi a ogni dettaglio di Natural brown prom queen. Anche se ci sono alcuni punti dell’album che possono essere visti come pause o tracce da saltare, in realtà canzoni come Loyal (EDD) s’inseriscono alla perfezione nella storia che sta raccontando, fondamentali per cogliere appieno il concetto alla base dell’album. Natural brown prom queen è autobiografico e pieno di personalità, alterna brani soul a lenta combustione a flussi rap spacconi, ed è come un melting pot musicale. Non tutto è perfetto e qualche pezzo suona come un passo falso, ma nel complesso Sudan Archives ha raggiunto l’equilibrio sonoro che le permette di esprimersi pienamente.

Ryan Dillon, Glide Magazine

Spirituals
Santigold (Frank Ockenfels)

Dopo un’assenza di sei anni, l’artista di Filadelfia Santigold ritorna, con una certa modestia, con un lavoro enigmatico. Per diversi aspetti Spirituals è radicato nel fantastico, sebbene i temi di cui tratta siano molto legati alle difficoltà della vita reale: in particolare la pandemia, che ha costretto la musicista isolata a casa con tre figli e ben lontana da quella creatività sconfinata che ha definito la sua carriera, e le numerose proteste per la giustizia sociale e contro il razzismo che stavano esplodendo in tutto il mondo in quel periodo. I testi dell’album sembrano quindi una cura purificante. Invece di attingere a sentimenti angoscianti, guardano avanti, verso un futuro dove c’è posto per la bellezza. Praticamente sono un esercizio per trovare una via d’uscita quando sembra non essercene una. A parte un paio di episodi, l’album è molto più asciutto ed essenziale rispetto alle uscite precedenti. Stavolta la musicista va alla ricerca di una trascendenza viscerale attraverso uno stile grezzo, meno dance e meno esuberante. Però non è cambiata la sua volontà di passare da un genere all’altro, preservando al tempo stesso una visione sconfinata e magica.
Jasleen Dhindsa, Loud and Quiet

Gli ultimi due trii per archi e pianoforte di Antonín Dvořák sono un’accoppiata perfetta per un disco. Il terzo presenta il compositore al livello più alto del suo cosiddetto stile classico. Il quarto, noto anche come Dumky, è l’apoteosi del suo personalissimo stile slavo. Sono due capolavori. Per decenni il loro riferimento discografico è stato quello del Trio Suk (Supra­phon). Ora questa nuova registrazione è una seria rivale, anche se molto diversa. L’interpretazione della formazione guidata da Josef Suk, diretta e spontanea, di solito è considerata tipicamente ceca. Il trio dei fratelli Tetzlaff e Lars Vogt dà invece la sensazione di un ensemble con tre personalità forti, però sempre pronte a cooperare. Suonano con una libertà e una flessibilità ritmica che il Trio Suk, più rigoroso, non si permette. Il risultato suona sempre naturale, perché i musicisti rispettano rigorosamente la forma di ogni frase. È un esempio ideale di musica da camera nel suo senso originale, quello di persone che suonano insieme in un ambiente domestico e intimo. Però qui è eseguita da tre grandi virtuosi al loro meglio.
Il pianista tedesco Lars Vogt è morto il 5 settembre. Aveva 51 anni.

David Hurwitz, ClassicsToday

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1478 - 16 settembre 2022

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