Più si guarda da vicino il tema della bellezza, più appare brutto. D’altra parte, la ricchezza è oscena da qualunque angolo si guardi. L’irriverente e satirico Ruben Östlund va dritto al punto, guardando da vicino il mondo elitario dei supermodelli e quello dei superricchi in Triangle of sadness, titolo che prende spunto da un termine usato nell’ambiente della moda per indicare la ruga a forma di V che si forma in mezzo alle sopracciglia con l’età o lo stress. Niente che non si possa risolvere con un po’ di botox. Il film perfidamente divertente con cui Östlund ha vinto la sua seconda Palma d’oro condivide una strategia buñueliana con The square, che nel 2017 gli fece vincere la prima. E cioè il fatto di mettere dei personaggi a loro agio nei loro privilegi in situazioni disagevoli. La teoria su cui lavora, fluttuando tra discussioni su marxismo e capitalismo, è che la bellezza può essere una forma di valuta, anche se molto volatile. E per testare la teoria fa affondare una nave da crociera di lusso e osserva come i sopravvissuti siano in grado di cavarsela su un’isola deserta, dove un Rolex non serve a niente, ma essere belli può aiutare. Peter Debruge, Variety
Svezia / Francia / Regno Unito / Germania 2022, 147’. In sala
Giappone / Stati Uniti 2022, 134’. In sala
Il film di David O. Russell ha un cast potente, la traccia di una storia realmente successa e una sceneggiatura molto discontinua e complicata. Il risultato può spiazzare. Amsterdam compare velocemente in un breve felice momento della vita dei tre protagonisti, durante il quale si sono giurati amicizia eterna. Due sono reduci della grande guerra, Harold (John David Washington), che diventerà un avvocato, e Burt (Christian Bale), che è un medico. E poi c’è Valerie (Margot Robbie), un’infermiera che si è presa cura di loro quando erano stati feriti. Tornati negli Stati Uniti, Harold e Burt si sono dedicati anima e corpo alla causa di altri invalidi di guerra. Ma i personaggi sono tanti, tutti interpretati molto bene, come tanti sono gli stravolgimenti della trama. Al punto che non sono sicura di averli capiti tutti. Quello che sicuramente si capisce sono gli ultimi venti minuti del film, perché Russell vuole che il messaggio del film sia cristallino. Nell Minow, Movie Mom
Stati Uniti / Regno Unito 2022, 107’. In sala
Chi soffre di vertigini può considerare Fall un horror più che un thriller. Il film comincia con una tragedia. Becky sta scalando una parete rocciosa con il marito Dan e l’amica Hunter, quando un incidente fa precipitare Dan nel vuoto. Un anno dopo Hunter trascina Becky in un’altra arrampicata su un ripetitore alto seicento metri, con l’idea di riallacciare la loro amicizia. Dall’incidente si sono molto allontanate, ma quando rimangono bloccate su una piattaforma in cima al ripetitore, la riconciliazione diventa meno importante della sopravvivenza. Fall perde un po’ di mordente nel finale, ma è divertente e soprattutto, girato su una piattaforma sospesa in cima a una montagna, molto realistico. Lena Wilson, The New York Times
Romania / Repubblica Ceca / Lettonia 2021, 118’. In sala
Secondo film di una trilogia, il nuovo poliziesco di Bogdan George Apetri conferma il gusto del regista romeno per le strade poco battute e le sbandate controllate. Quello che affascina di più è come l’autore, ex avvocato diventato insegnante di cinema negli Stati Uniti, costruisce lunghe sequenze che in qualche modo rimandano l’una all’altra. Cristina (Ioana Bugarin) è una giovane suora che sale su un taxi per andare dal suo convento di campagna all’ospedale della città vicina. Circa un’ora dopo, l’ispettore Preda (Emanuel Parvu), con il suo vice, compie lo stesso viaggio, filmato nello stesso modo. Tra i due percorsi è avvenuto un omicidio. Ma all’inizio Miracle inganna il pubblico, facendo pensare a un dramma sociale. Con maestria Apetri svela i segreti dei suoi personaggi con il contagocce e fino in fondo gioca con i generi, flirtando con il fantastico. A cosa dobbiamo credere? Marie Sauvion, Télérama
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