Cultura Schermi
Avatar. La via dell’acqua
Sam Worthington, Zoe Saldana
Stati Uniti 2022, 192’. In sala
Avatar. La via dell’acqua (dr)

Tra la seconda e la terza parte del Padrino sono passati quindici anni. E si vedeva. Francis Ford Coppola ha arricchito l’ultimo film della trilogia sia con la sua esperienza di vita sia con quella da regista. Al contrario James Cameron, nei tredici anni tra Avatar e il sequel non ha girato neanche un film e l’unica esperienza suggerita da La via dell’acqua è una vacanza su un’isola remota praticamente introvabile. Nonostante tutta la grandiosità sensoriale e la sua metafora politica il film somiglia a un’escursione irreggimentata in un paradiso naturale esclusivo che i suoi ospiti selezionati vogliono tenersi per sé a tutti i costi. Jake Sully (Sam Worthington) si è trasformato definitivamente in un na’vi, si è stabilito su Pandora, ha sposato la veggente Neytiri (Zoe Saldana), con cui ha avuto vari figli. La coppia ha anche adottato Spider, essere umano purosangue e figlio biologico dell’arcinemico di Jake, il colonnello Miles Quaritch, morto alla fine del primo film, che ora torna nella forma di un na’vi la cui mente è intrisa dei ricordi di Miles. Al suo arrivo il clan Sully fugge dalle foreste di Pandora su un’isola abitata dai metkayina, il popolo della barriera corallina, sempre na’vi ma con una sfumatura verde rispetto a quelle blu dei na’vi che conoscevamo. La regina dei metkayina (Kate Winslet) vede i nuovi arrivati come una minaccia al suo popolo e puntualmente arriva l’incursione degli umani a caccia dei preziosi fluidi corporei di gigantesche creature marine sacre ai metkayina. Il conflitto interstellare per le risorse è la molla di Avatar (di cui è previsto un terzo capitolo nel 2024), mentre l’essenza del sequel è l’ambientazione oceanica. Ma in generale la serie propone una visione del mondo che è un tutt’uno con l’inconsistenza dei suoi eroi. La quasi totale assenza di vita interiore dei personaggi è una caratteristica di entrambi i film. Una terra senza creatività, ispirazioni, desideri è l’apoteosi commerciale usa e getta in cui mistero e meraviglia sono sostituiti da una formula riproducibile all’infinito. Cameron ha creato la sua vacanza cinematografica permanente, un mondo a parte da cui, indisturbato, può vendere un viaggio esclusivo sull’isola paradisiaca dove c’è il re.
Richard Brody, The New Yorker

Living
Bill Nighy, Aimee Lou Wood
Regno Unito / Giappone / Svezia 2022, 102’. In sala
Living (dr)

Sentimenti e understatement s’incontrano in questo malinconico dramma basato sulla piccola gemma del 1952 di Akira Kurosawa, Vivere. Ambientato negli anni cinquanta, elegantemente diretto dal sudafricano Oliver Hermanus, Living affronta in modo ingannevolmente gentile importanti questioni di vita e di morte con una semplicità vincente. Bill Nighy interpreta mister Williams, un pacato burocrate vedovo che vive insieme al figlio frustrato e alla nuora, che pensano solo alla loro eredità. Quando scopre che non gli resta molto da vivere, Williams sente il bisogno di sfruttare al massimo il tempo che gli resta e l’opportunità di redenzione arriva attraverso una giovane ex collega (Aimee Lou Wood), che lo aveva soprannominato Mr. Zombie. La sceneggiatura di Kazuo Ishiguro porta una nuova prospettiva ai temi classici di Kurosawa, a sua volta ispirato da La morte di Ivan Il’ič di Lev Tolstoj, pur conservandone il senso profondo.
Mark Kermode, The Observer

Rumore bianco
Adam Driver, Greta Gerwig
Stati Uniti / Regno Unito 2022, 136’. Netflix

Il film di Noah Baumbach che ha aperto la mostra del cinema di Venezia lascia un po’ perplessi. Troppo bizzarro per essere apprezzato da chi si aspettava un filmone pieno di star, non abbastanza autoriale per essere una bella scoperta, ma anche troppo divertente per essere considerato una delusione. Non ci si può stupire, visto che è tratto dal romanzo di Don DeLillo su una cittadina universitaria minacciata da una nube tossica che molti prima di Baumbach avevano cercato di adattare per lo schermo, senza successo. Baumbach è riuscito nell’impresa, rimanendo fedele al romanzo, forse perché il nostro mondo si è avvicinato a quello immaginato dallo scrittore. Non potendo replicare la prosa di DeLillo, Baumbach ha fatto qualcos’altro, che almeno a tratti funziona: ha trasformato Rumore bianco in un pastiche spielberghiano anni ottanta, dando una sua nostalgica interpretazione della classica storia di una piccola città colpita da un grande disastro. Bilge Ebiri, Vulture

Altro da questo numero
1493 - 5 gennaio 2023
Abbonati a Internazionale per leggere l’articolo.
Gli abbonati hanno accesso a tutti gli articoli, i video e i reportage pubblicati sul sito.
Black Friday Promo