Allontanandosi dalle immagini a cui ci ha abituato la tv, il regista francosvizzero Elie Grappe, al suo primo lungometraggio, filma le evoluzioni di una ginnasta di quindici anni con una sensibilità particolare. Affondando nel viso e nelle articolazioni di Olga rivela la passione e il tormento dietro le sue abilità sportive e il suo body scintillante. Figlia di una giornalista politica ucraina con una taglia sulla testa per le sue denunce sulla corruzione dei politici, Olga (interpretata dalla ginnasta Anastasia Budiashkina) è costretta a lasciare il suo paese alla fine del 2013. E mentre le manifestazioni infiammano Kiev, lei si aggrega alla nazionale femminile svizzera. Grappe intreccia la finzione per mostrarci gli allenamenti di Olga e le immagini d’archivio per documentare l’escalation della rivolta in Ucraina. Se il film fatica a uscire dall’esercizio stilistico, non gli si può negare intelligenza e virtuosismo formale.
Maroussia Dubreuil, Le Monde
Svizzera / Ucraina / Francia 2021, 87’. In sala
Spagna 2022, 125’. In sala
Un duro dramma carcerario diventa un rabbioso sfogo su un passato in cui la Spagna cercava di compiere i primi incerti passi verso la democrazia, dopo la morte di Francisco Franco, alla fine del 1975. Questa storia di detenuti brutalizzati da un regime che sbatteva in carcere chiunque non gli piacesse può far pensare a Hunger per la sua rappresentazione di un’orribile ingiustizia. Mentre per altri aspetti si affida alle convenzioni del genere. Il testardo e orgoglioso ragioniere Manuel (Miguel Herrán) finisce in galera accusato di frode. Il suo carattere ribelle si scontra immediatamente con i metodi delle guardie che gestiscono il carcere a colpi di manganello. Manuel si unisce a un’associazione per i diritti dei prigionieri, cercando di coinvolgere anche i suoi riluttanti compagni di cella. Rodríguez ha il merito di rendere visivamente impressionante questo dramma ingabbiato, sfruttando magnificamente le location all’interno del carcere Modelo di Barcellona, chiuso nel 2017.
Fionnuala Halligan, Screen International
È possibile competere con un film tanto creativo, audace e semplicemente fico come Spider-Man. Into the spider-verse? Un sequel può uguagliare la freschezza e l’energia del film da cui è generato? In questo caso la risposta è sì: Across the spider-verse è un film ricco, abbagliante, fantastico. Riprende i temi alla base del primo film (l’isolamento adolescenziale, i problemi a comunicare, il disordinato e stressante compito di crescere) e intorno a loro costruisce interi mondi. In più è una vertigine di riferimenti grafici ed è capace di emozionare. Si riparte dal legame speciale tra due “spider”, Miles Morales e Gwen Stacy, ma c’è una miriade di nuovi personaggi, ognuno con il suo aspetto distinto e riconoscibile, come Hobie, lo spider-punk che incrocia l’estetica dei Sex Pistols di Jamie Reid e dei Gorillaz di Jamie Hewlett. La trama è densa al limite del travolgente e la colonna sonora è come un labirinto, ma l’anima vera del film è nei dettagli. Wendy Ide, The Observer
Stati Uniti 2022, 98’. In sala
Girato in 18 giorni praticamente in un’unica location, il secondo convincente film di Zachary Wigon è una commedia romantica dall’umorismo nero nascosta dietro uno spiazzante thriller psicosessuale. O viceversa. Ma non è importante. La scrittura (di Micah Bloomberg) è così affilata, le interpretazioni sono così agili e le riprese (di Ludovica Isidori) sono così creative che quello che potrebbe sembrare un esperimento di cinematografia da lockdown si rivela un coinvolgente “scontro di volontà”. Il presunto ereditiero Hal (Christopher Abbott) riceve la bellissima Rebecca (Margaret Qualley) per quella che sembra una riunione di affari. Però qualcosa non torna. Così scopriamo che in realtà Rebecca è una dominatrix e che i due stanno interpretando un copione ben definito. Ma ovviamente non è tutto. Dove finisce il gioco e dove comincia la vita reale? Hal e Rebecca, alla fine, saranno costretti a rispondere.
Jeannette Catsoulis, The New York Times
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