La grande importanza culturale che la rapper Noname può rivendicare è inversamente proporzionale alla quantità di dischi che ha pubblicato fino a oggi. Il fatto che il catalogo dell’artista di Chicago – un mixtape, un album – possa suscitare dibattiti così intensi è una testimonianza della sua singolare abilità artistica. Impegnata in cause sociali, sincera nelle sue convinzioni, Noname è diventata sinonimo d’integrità. Il nuovo album Sundial, il primo in cinque anni, non farà altro che alimentare questa convinzione, perché è un’audace e complessa raccolta d’idee che fonde le preoccupazioni politiche dell’autrice con quelle personali. È un disco capace di passare da dichiarazioni dirette d’impegno socialista alla cruda lussuria nello spazio di una singola canzone. Per chi ha familiarità con il lavoro di Noname, la tavolozza sonora risulterà familiare. Le influenze del jazz rimangono, e in alcuni casi sono amplificate; gli ospiti sono usati con parsimonia e solo al servizio del messaggio. Un pezzo come Balloons potrebbe aver scatenato il dibattito per la presenza di Jay Electronica (in passato accusato di antisemitismo per il testo di una canzone), ma la sua complessità e i formicolio degli accordi di pianoforte sono straordinariamente attraenti. Rifiutandosi di prendere la strada facile, Sundial a volte può essere scoraggiante, e ha l’arduo compito di bissare il successo dei lavori precedenti. Ma dopo ripetuti ascolti il progetto si rivela un’opera singolare dell’arte nera statunitense.
Robin Murray, Clash
Insieme da più di trent’anni, i Clientele sono ancora solidi, mentre la loro musica resta leggera, melodica e malinconica. Assimilabili a quello che viene definito pop da camera, il cantante Alasdair MacLean, il bassista James Hornsey e il batterista Mark Keen ormai sanno quello che gli piace fare e godono di una piccola ma devota nicchia di fan. Nonostante questo, con I am not there anymore hanno aumentato la posta in gioco. La rivelazione è stata di MacLean: “Abbiamo comprato un computer”. La scoperta tardiva di questa tecnologia ha aperto nuove possibilità e ha reso il loro suono più ricco; ecco perché questo decimo album è così ambizioso e seducente. Con 19 tracce, ha l’equilibrio e la struttura di un’opera rock degli anni sessanta, ma i toni sono gentili e nostalgici. MacLean ha dichiarato che è un lavoro incentrato sull’infanzia; i ricordi di cui scrive fluttuano liberi. Quest’atmosfera è rafforzata dall’uso funzionale di parti spoken word e da brevi momenti strumentali. Come molte band longeve, i Clientele sanno bene cosa stanno facendo. I am not there anymore è un mondo autonomo, con un’identità musicale ben definita, e probabilmente è anche l’opera migliore del gruppo londinese.
Tom Bolton, The Quietus
Il ragtime raggiunse la sua fioritura tra il tardo ottocento e la fine della prima guerra mondiale. Era guidato da Scott Joplin (1868-1917), il cui Maple leaf rag diventò il modello del genere. Verso l’inizio degli anni settanta ci fu un nuovo interesse per Joplin come compositore serio. La raccolta più completa e artisticamente soddisfacente delle sue opere per pianoforte arrivò nel 1975 con un cofanetto di cinque lp del pianista Dick Hyman. Non esiste un ciclo di Joplin migliore. La musica è ordinata per genere, con i rag in ordine cronologico seguiti da marce e valzer. Ci sono anche gli affascinanti studi School of ragtime. Il pianismo di Hyman abbraccia l’intera storia del pianoforte jazz, ma è saldamente radicato nella sua formazione classica. Come osservava Rudi Blesh nelle note originali dell’album, il pianista “prende il ragtime sul serio senza diventare solenne, un po’ come bisogna fare quando ci si accosta a gran parte della musica di Mozart”. Un’altra qualità che fa risaltare il Joplin di Hyman sono le scelte di tempo sempre intelligenti. Bentornato a questo progetto discografico, fondamentale per ogni collezione seria.
Jed Distler, ClassicsToday
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