E così è successo. Earl Sweatshirt e The Alchemist promettevano da tempo di fare un disco insieme, stuzzicando i fan e citando la cosa nelle interviste. Sulla carta, questo è il sogno di ogni fan dell’art-rap: il produttore più importante della sua generazione insieme a un mc che ne ha influenzati molti altri. Pubblicato all’improvviso, e non ancora disponibile sui principali servizi di streaming ma solo su Gala Music, Voir dire è all’altezza delle aspettative. Fin dall’inizio si è catapultati nella vecchia Hollywood con le atmosfere fumose di 100 High street, una specie di esplosione controllata. Il funk di Vin skully sfodera un fantastico campionamento di The Alchemist e viene da chiedersi: “Dove altro si ascolta questa roba?”. Il singolo Sentry, dov’è ospite il rapper MIKE, trasforma le voci di sottofondo di un coro gospel in un arazzo neopsichedelico. Nel complesso, questo progetto potrebbe essere considerato il culmine delle carriere di Earl Sweatshirt e The Alchemist. Un lavoro complesso ma accessibile.
Robin Murray, Clash
I californiani Drab Majesty hanno sempre tentato di raggiungere altri mondi. Il loro ep di debutto, Unarian dances, parlava di appassionati di ufo che trasmettevano da Los Angeles strani film sulla televisione pubblica. Deb Demure, il cui vero nome è Andrew Clinco, insieme a Mona D, vero nome Alex Nicolaou, hanno dichiarato che i personaggi androgini che interpretano con i loro travestimenti sono un tentativo di creare un’arte in cui non ci sia alcuna traccia umana. E quindi anche la loro musica va in questa direzione, emulando con le chitarre un’astrazione vicina a Slowdive, Vini Reilly e Felt. Questo nuovo ep è stato scritto da Demure in una piccola città costiera dell’Oregon, tra isolamento e introspezione. La musica ricerca forme astratte mentre indugia nelle chitarre e la voce segue la lezione drammatica dei grandi cantanti goth. Il brano di 15 minuti Yield to force è l’esempio dell’interesse del duo per strutture oniriche. Non manca però quel senso per la teatralità che li contraddistingue. Il gusto per un suono più etereo resta anche in momenti pop come The skin and the glove, una canzone estatica e allo stesso tempo criptica, in stile Madchester. Grazie al supporto vocale di Rachel Goswell degli Slowdive, il brano Vanity condensa la nuova direzione del gruppo, in cui lo shoegaze si fa spazioso e labirintico. Uno splendore caotico e inquietante che ci dice quanto An object in motion sia distante dal vecchio materiale del duo. Una musica gotica per chitarre, generata dalle radiazioni dello spazio profondo.
Colin Joyce, Pitchfork
Le trascrizioni delle sinfonie di Beethoven per piano a quattro mani di Xaver Scharwenka (1850-1924) erano destinate a esecutori meno virtuosi rispetto a quelle per un solo pianista di Liszt. Ma Scharwenka le riempì con più raddoppi e tremoli di quelli che si potevano fare con solo dieci dita: uno sfarzo sonoro che può sommergere i dettagli. Di conseguenza il Beethoven di Scharwenka richiede meno abilità digitale di quello di Liszt, ma un equilibrio più scrupoloso. Inoltre, come in tutta la musica per piano a quattro mani, gli spazi angusti rendono difficile la coordinazione. Non è un problema per Tessa Uys e Ben Schoeman: la loro impressionante sincronia e la perfetta gestione della dinamica e del ritmo assicurano che le sinfonie emergano intatte. Resta da fare un’osservazione. In origine, le trascrizioni servivano a rendere la letteratura sinfonica disponibile per tutti gli appassionati. Oggi stanno tornando popolari perché offrono una nuova prospettiva sui lavori più famosi. Ma è giusto cercare modi diversi per inquadrare i classici anziché cercarne di nuovi? A me sembra controproducente celebrare Scharwenka per la sua riformulazione di Beethoven, quando la maggior parte della sua musica rimane dimenticata. Peccato. Questo è comunque un disco sontuoso.
Peter J Rabinowitz, Gramophone
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