Quando sono in forma, gli Animal Collective sanno decostruire la musica pop e rigurgitarla in maniera estatica. È come ritrovare una cassetta d’inediti dei Beach Boys che è stata lasciata troppo tempo sotto al sole. Dopo vent’anni di carriera è un miracolo che con Isn’t it now?, il loro dodicesimo album, abbiano realizzato uno dei loro esperimenti migliori. Li ha aiutati Russell Elevado, produttore che crede fermamente nell’analogico. Se usati bene, questi vecchi mezzi possono tenere insieme una canzone come il tappeto nel Grande Lebowski dava un tono alla stanza del Drugo. I semi di questo lavoro sono stati gettati durante la registrazione di Time skiffs del 2022. In realtà il gruppo aveva già scritto tante altre canzoni qualche anno prima. Ne hanno scelte un po’ e hanno passato un paio di settimane a New York con Elevado. Il disco è attraversato da un flusso meraviglioso che comincia con un chiacchiericcio e grilli in sottofondo e approda presto in una dimensione onirica. Altri album degli Animal Collective sono considerati migliori, ma non hanno la personalità di Isn’t it now?, raggiunta forse grazie a Elevado o a una chimica musicale che dura da tanti anni e si è fusa in qualcosa di nuovo.
Alan Ranta, Exclaim!
A volte dimentichiamo quanto sia eclettico l’hip-hop. Nell’anno in cui celebra il suo cinquantesimo compleanno, pochi ascoltatori avranno bisogno di ricordare il mito della sua creazione, quando il dj Kool Herc s’imbatté nel breakbeat. Ma il fatto implicito in quella genesi è che, fin dall’inizio, l’hip-hop era composto da frammenti di altra musica. Per questo cambia costantemente. E gli artisti più bravi hanno mostrato la libertà che deriva dal rendersi conto che il loro lavoro migliora quando si spingono oltre. Questa è la tradizione in cui Elucid e Billy Woods s’inseriscono, e il sesto album in studio del duo segna un decennio della loro collaborazione. Dopo una jam session insieme a nuovi collaboratori, il duo ha consegnato tante idee a una decina di produttori. Così il sassofonista Shabaka Hutchings si presenta suonando un flauto decostruito in e in altri brani. Il titolo dell’album deriva dai cartelli che si vedono in alcune zone povere di New York e i testi dei pezzi sono spesso criptici, ma affascinanti. Il nuovo disco degli Armand Hammer non è un album rap tradizionale, ma aderisce alle caratteristiche cruciali del genere. È una meraviglia, e forse potrebbe essere un capolavoro.
Angus Batey, The Quietus
Girolamo Frescobaldi nasce a Ferrara, poi si trasferisce a Mantova, a Firenze e infine a Roma. Nell’Italia del seicento, i musicisti viaggiavano molto e aprivano un dialogo con i loro colleghi della zona. È così che gli autori dell’Italia meridionale entrarono in contatto con il loro collega del nord. È per questo che Francesco Corti ha deciso d’intitolare Frescobaldi e il sud la sua ultima raccolta. Il clavicembalista apre il programma con il compositore ferrarese e la sua Toccata 1 (1615), dove il contrappunto ereditato dal passato incontra la retorica del suo tempo e la tastiera fonde il teatro madrigalesco degli affetti con il virtuosismo strumentale: un’apparente libertà che si poggia su una vera e propria dissezione della partitura, l’architettura trionfa e la potenza del gesto esalta la polifonia. Corti si dimostra un virtuoso pieno di temperamento ma anche un poeta, grazie a un tocco solare. Le pagine dei compositori meno noti ci regalano splendide scoperte: basta sentire le enarmonie della Canzon francese di Giovanni Salvatore o la fantasia senza fine della Toccata di Francesco Lambardo. È un disco di grandissima eloquenza e freschezza.
Jérémie Bigoire, Diapason
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