C’era una volta Bad Bunny, il re di un movimento chiamato latin trap. Sette anni fa, prima delle copertine di Rolling Stone e delle pubblicità di Gucci con Kendall Jenner, Benito Antonio Martínez Ocasio era un nuovo arrivato. Il suo album del 2022 Un verano sin ti, capolavoro pop immerso nell’umidità caraibica, l’ha catapultato in testa alle classifiche, rendendolo una pop star in grado di riempire gli stadi. Ma chi lo segue da tempo sa che Bad Bunny è soprattutto un bravo rapper. Nadie sabe lo que va a pasar mañana è il suo ritorno alla casa della trap ed è incentrato su alcuni dei passatempi preferiti di Benito: fare sesso, contare i soldi e ricordare il suo amore per Puerto Rico. Mentre abbraccia la spensierata incoscienza e arrapatezza che hanno fatto innamorare il mondo, alcuni potrebbero rallegrarsi del fatto che sia tornato alle sue radici. Ma anche se sono divertenti e spesso disinvolte, solo una parte di queste canzoni si avvicina alla vitalità dei suoi inni del passato. Bad Bunny può rappare su sesso e soldi quanto vuole, ma è capace di farlo con molta più magia di questa. Per usare le sue parole, non puoi semplicemente dire che sei il migliore. Devi anche dimostrarlo.
Isabelia Herrera, Pitchfork
I precedenti due album di Taja Cheek, in arte L’Rain, contenevano miscugli sorprendenti di musiche originali e registrazioni ambientali. In I killed your dog la cantante affronta il tema dell’amore in ogni sua forma con un candore penetrante, senza alcuna finzione, attingendo a vari territori musicali, tra cui lo psych-rock, il folk e il post-rock. Il dolore è onnipresente, come anche il rapporto della musicista newyorchese con le emozioni e la femminilità. L’Rain mostra ancora una volta una grande versatilità: in 5 to 8 hours a day (WWwaG) mette in primo piano pedal steel e chitarre elettriche, giusto per chiarire che il suo punto di riferimento non è il jazz, come spesso viene scritto. Non bisogna trascurare inoltre gli interludi, importanti anche nel disco precedente, che funzionano da istantanee potenti e umoristiche, e fanno parte a pieno titolo del processo creativo dell’artista. I killed your dog parte dall’amore e non lo abbandona mai, costruendo un tour de force nell’universo sonoro di L’Rain. Anche se ha un titolo crudele, in realtà è un disco ricco di una tenerezza disarmante, soprattutto nei momenti più minimalisti.
Devon Chodzin, Paste Magazine
Nove dei dieci lavori di questo album dimostrano che Jean Sibelius non lavorava in un vuoto culturale: in Finlandia esistevano altri musicisti di talento, se non di genio. Se fosse morto dopo la composizione dell’ouverture Karelia (1893) – come Ernst Mielck dopo la sua brahmsiana Ouverture drammatica (1898) – non avrebbe mai messo in ombra il suo amico Robert Kajanus, la cui raffinata Overtura sinfonica (1926) ha un tono molto tedesco. L’Ouverture lyrique (1892) di Armas Järnefelt, cognato di Sibelius, è uno dei pochi esempi d’influenza apertamente russa, ma gli elementi francesi del suo stile prevalgono, soprattutto nel delizioso Praeludium (1900). Il culmine è Nummisuutarit (1936) di Uuno Klami. L’apertura rigida e drammatica dell’Ouverture commedia (1923) di Leevi Madetoja smentisce il suo stato d’animo giocoso. C’è un vero splendore orchestrale nelle aperture fiabesche delle suite teatrali di Erkki Melartin (La bella addormentata nel bosco, 1904) e Selim Palmgren (Cenerentola, 1902). Più leggeri nel tono, hanno più autorità dell’esile Preludio op. 7(1912) di Heino Kaski. Il programma è eseguito con energia e delicatezza dalla Oulu Sinfonia, ben diretta da Rumon Gamba.
Guy Rickards, Gramophone
Articolo precedente
Articolo successivo
Inserisci email e password per entrare nella tua area riservata.
Non hai un account su Internazionale?
Registrati