Al giorno d’oggi gran parte della cultura è disponibile subito ed è come ricevere arte da un rubinetto per l’acqua. Quindi è stata una mossa insolita da parte di Peter Gabriel quella di pubblicare il suo ultimo album – il primo disco in studio da vent’anni – a spezzoni, una traccia ogni quattro settimane. Ogni brano era accompagnato da opere d’arte commissionate a nomi come Ai Weiwei e Cornelia Parker ed era disponibile in due mix leggermente diversi: quello del “lato oscuro” di Tchad Blake e quello del “lato luminoso” di Mark “Spike” Stent. È stato come un ritorno ai tempi delle grandi serie tv, quando passavamo giorni ad aspettare l’episodio successivo. Ora, ascoltando tutti i pezzi insieme, è evidente come I/O passi costantemente da uno stato di rovina a uno di positività. L’album comincia con canzoni sulla giustizia globale e la sorveglianza di massa, e si conclude con canti d’amore e appelli alla saggezza. I/O è come una compilation di Peter Gabriel, nella quale i suoi aspetti migliori vengono rielaborati in modo del tutto originale. La batteria pesante delle canzoni distopiche di apertura come Panopticom e The court tracciano paralleli con i brani più pesanti del suo terzo album, del 1980, come Intruder e No self control. Road to joy è un fantastico pezzo di funk digitale sulla scia di Shock the monkey e Big time; e chiunque ami le ballate di Gabriel adorerà So much. Ci sono momenti in cui il suo implacabile utopismo può sembrare banale. Ma non è grave: è bello vedere un artista storico che guarda sempre al futuro e produce uno dei dischi più gioiosi della sua carriera.
John Lewis, Uncut
L’album Santhosam, che significa felicità in tamil, trasuda positività da tutti i pori e sottolinea l’importanza di trovare una via individuale alla gioia e all’appagamento interiore. La musicista svizzera di origine singalese Priya Ragu canta “buttiamoci in pista” sulle tinte disco di One way ticket e anche nel resto del suo debutto fa proprio questo. In brevi canzoni Ragu fa brillare tutte le sue molte influenze, dall’rnb al funk, dalla musica tamil al dancehall. In School me like that si ribella alle aspettative sociali facendosi accompagnare da percussioni tabla irresistibili, mentre Black goose è un invito appassionato alla solidarietà e alla resistenza che ha in mente il movimento Black lives matter: “Cercheranno di farci crollare, non m’importa quello che dicono”. La seconda parte del disco si concentra di più su una ricerca personale per trovare un angolo di felicità e verità. In generale, Santhosam ha la freschezza di un mixtape ma è abbastanza coeso da diventare un album. È l’esordio di un’artista sicura di sé, pronta a ritagliarsi uno spazio tutto suo.
Anita Bhadani, The Skinny
L’etichetta Opera Rara ci fa scoprire Zingari, un gioiellino raro sulle scene come in disco. Scritta da Ruggero Leoncavallo vent’anni dopo Pagliacci, l’opera debuttò a Londra con un grande successo. Il libretto è tratto da un poema di Puškin già usato da Rachmaninov per la sua Aleko. Ci offre un’eroina selvaggia e provocatoria, due uomini furiosamente gelosi, danze lascive e duetti d’amore nella notte profumata: un universo dove alla sua tipica, colorata scrittura italiana l’autore aggiunge “scale gitane” e percussioni orientali. Il soprano Krassimira Stoyanova fa pienamente sua la parte di Fleana, protagonista sensuale, orgogliosa e crudele, una vera sorella cattiva di Carmen. Arsen Soghomonyan è un tenore dal timbro ampio e solido con acuti ben proiettati, perfetto per la parte di Radu. E il baritono Stephen Gaertner, aggressivo e caloroso, rende giustizia a Tamar. Alla guida della Royal Philharmonic orchestra Carlo Rizzi sottolinea senza pesantezza la ricchezza della partitura, nelle esplosioni sonore come nei passaggi più soavi e misteriosi.
Julia Le Brun, Diapason
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