Tutto va bene a casa di Sylvie (Virginie Efira), che cresce da sola i due figli, a Brest. Una vita modesta ma calorosa. Finché una notte il piccolo di casa finisce in ospedale per un incidente domestico, mentre Sylvie è fuori a lavorare. Si mette in moto la macchina dei servizi sociali e la madre viene separata dai figli. Con la sua esperienza da documentarista, Delphine Deloget mette in scena la zona grigia tra una madre e suo figlio e il film prende la forma di un duello tra due avversarie che non sono armate allo stesso modo. Da una parte Sylvie, onnipresente e sfuggente, in emergenza perenne, dall’altro l’assistente sociale (India Hair), ferma, con la sua voce delicata e l’aspetto rigido. Niente da perdere non prende posizioni, ma entrando nel dettaglio risulta pertinente ed emozionante.
Maroussia Dubreuil, Le Monde
Francia 2023, 112’. In sala
Stati Uniti 2024, 109’. In sala
Splatter allegramente ovvio, Abigail segue una ricetta semplice e collaudata che richiede un minimo d’ingredienti. Prendete una vittima misteriosa, un faccendiere intrigante, sei criminali un po’ stupidi. Mettete tutto in un calderone insieme a topi, porte cigolanti e ombre inquietanti. Cuocete a fuoco lento continuando a mescolare. Dopo un’ora alzate il fuoco finché la carne comincerà a staccarsi dalle ossa e tutto si tingerà di rosso. Ecco riassunto un horror che non è memorabile, ma è anche così privo di ambizione da non meritare la stroncatura.
Manohla Dargis, The New York Times
Cina / Hong Kong / Thailandia 2021, 137’. In sala
Aood, trent’anni, chiama tutti i contatti della sua rubrica per comunicare la sua leucemia, poi li cancella. Ma al vecchio amico Boss, che vive a New York, chiede di accompagnarlo in un ultimo viaggio in Thailandia per ritrovare tutte le sue ex fidanzate. Boss è riluttante ma deve un favore a Aood, e accetta. One for the road sembra una versione sovraccarica dei young adult lacrimevoli che includono un giovane malato teminale, prodotto e “benedetto” da Wong Kar Wai. Se piacerà o no dipende dalla soglia di tolleranza dello spettatore alla manipolazione emotiva e ai colpi di scena, abbassata dall’inattesa maturità che emerge nella seconda parte del film. È proprio questa maturità a renderlo originale.
Peter Debruge, Variety
Stati Uniti 2024, 145’. In sala
Alcune generazioni dopo la morte di Cesare, lo scimpanzé che ha dato origine alla saga, le scimmie progrediscono lentamente mentre gli umani sono ridotti a “echi” degli esseri che hanno dominato il pianeta. Il giovane Noa vive in una comunità pacifica di scimmie e mentre fatica a liberarsi di un leggero complesso nei confronti del padre si prepara a un importante rito di passaggio. Dopo l’incontro con la misteriosa umana Mae e l’attacco alla comunità di un clan di scimmie più marziali, Noa parte alla ricerca dei superstiti della sua tribù. Meno carico di azione e più centrato sulle scimmie il film sembra un promettente nuovo inizio per una serie che dimostra di essere ancora sana e forte.
Helen O’Hara, Empire
Francia 2023, 122’. In sala
Il film ci racconta che dietro l’opera di Pierre Bonnard (Vincent Macaigne), il geniale colorista del movimento nabi, c’è anche Marthe, il suo amore, la sua musa, la sua ombra dolorosa e anche sua collega quando, devastata dall’ennesima infedeltà, decide di affogare i suoi dispiaceri nella pittura. Attraverso di lei, il regista di Séraphine racconta ancora una volta la vicenda di un’autodidatta che la storia dell’arte ha occultato, ma con equilibrio alterno. Il film diventa soprattutto un’ennesima occasione per Cécile de France di mettere in mostra il suo talento. Brilla di quello splendore modesto che la caratterizza e che definisce chiaramente Marthe Bonnard.
Nicolas Schaller, Le Nouvel Obs
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