Rio de Janeiro, 1971. La famiglia Paiva vive in una bella casa vicino alla spiaggia, sempre piena di amici. È benestante, ma le sue vere ricchezze sono una libertà intellettuale e una curiosità sempre più preziose mentre la dittatura militare mostra i muscoli per le strade del paese. Un giorno degli uomini armati portano via il padre, Rubens (Selton Mello), ex deputato. In sua assenza la moglie Eunice (Fernanda Torres) deve trovare un modo per proteggere i cinque figli e reinventarsi. Proprio come Eunice, Salles gestisce la storia con classe e sobrietà. Non esagera mai con gli elementi emotivi, preferendo affidarsi alla magnifica e stratificata interpretazione di Fernanda Torres.
Wendy Ide, Screen International
Brasile / Francia / Spagna 2024, 136’.
Stati Uniti / Regno Unito / Ungheria 2024, 215’.
Chi conosce Brady Corbet sa che è un giovane autore, mortalmente serio ed eurocentrico in modo quasi feticistico, affascinato dalla relazione ciclica tra cultura e trauma. Dopo un prologo frenetico in cui arriva negli Stati Uniti, sopravvissuto ai campi di concentramento, l’architetto ebreo ungherese László Tóth (Adrien Brody) incontra Harrison Lee Van Buren (Guy Pearce), mecenate e aguzzino personale (praticamente una caricatura delle peggiori perversioni del capitalismo), che gli affida l’incarico di una vita: una sorta di centro civico abnorme dedicato alla madre. Con piccole deviazioni e qualche vicolo cieco, il film procede verso la realizzazione del progetto che presto assume una portata abnorme. I due uomini sono legati in una danza di potere e sfruttamento goffamente coreografata e la sceneggiatura cede a un non-climax che illustra la relazione tra capitalista e lavoratore in temini troppo ovvi.
David Erlich, IndieWire
Georgia / Italia / Francia 2024, 134’.
Nina è una ginecologa finita nei guai per aver gestito male un parto. Poi è sospettata di passare farmaci anticoncezionali sottobanco alle pazienti e di praticare aborti illegali nelle zone rurali. Gira in macchina per le periferie rimorchiando partner occasionali con cui ha rapporti compulsivamente violenti. La sua storia repressa di traumi romantici e sessuali è solo accennata. La violenza sconvolgente di alcune scene (tra cui un’interruzione spontanea di gravidanza) è attenuata da sequenze silenziose, in cui Kulumbegashvili dimostra di padroneggiare un linguaggio cinematografico tutto suo, in piena evoluzione. April non è il solito film sull’aborto. Più distaccato e spogliato da ogni emozione, diventa una meditazione profondamente inquietante su sessualità e trasgressione.
Peter Bradshaw, The Guardian
Italia / Stati Uniti 2024, 135’.
Queer è finora l’opera più pura e struggente di Luca Guadagnino. Daniel Craig interpreta William Lee, uno scrittore statunitense omosessuale di mezza età, che si è trasferito in Messico per realizzarsi sessualmente. Il romanzo autobiografico incompiuto di William S. Burroughs, da cui è tratta la sceneggiatura di Justin Kuritzkes, oggi può sembrare esplicito e goffo. L’interpretazione di Guadagnino è invece lussureggiante e allusiva, riempie l’anima. Non lesina provocazioni ma è anche un film sulla solitudine maschile.
Robbie Collin, The Daily Telegraph
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