Shiba Ryōtarō è stato uno dei più amati autori di narrativa storica giapponese. Nelle parole di Frank Gibney, che firma la prefazione dell’edizione inglese, “è lo scrittore nazionale giapponese… basta il suo nome in copertina per garantire la massima diffusione nel paese”. Sebbene abbia pubblicato più di quaranta romanzi fino alla sua morte nel 1996, fuori dal Giappone il suo nome è circolato poco. In L’ultimo shōgun racconta la fine dello shogunato, il governo dei capi militari, e la restaurazione dell’impero negli anni sessanta dell’ottocento. Ryōtarō punta l’attenzione soprattutto sulle stanze del potere e sulle macchinazioni politiche. Il protagonista è lo shogun in carica, Yoshinobu Tokugawa, e l’autore ricostruisce la sua storia usando documenti storici e immaginando momenti più personali e interiori. La storia procede seguendo una linea biografica che include veri resoconti di riunioni e consigli realmente avvenuti, citazioni da documenti storici, mescolati a una narrazione avvincente ricca di dialoghi immaginati e confessioni molto private. Yoshinobu Tokugawa è rappresentato come un uomo pronto a tutto per il bene del suo popolo, anche a rinunciare al suo potere e alla sua ricchezza. Parte della popolarità di Shiba Ryōtarō dipende dalla sua abilità di mostrare ai lettori un Giappone di cui si può essere orgogliosi senza mai cadere nel nazionalismo o nel revisionismo. In molti sensi l’ultimo shogun è l’eroe di cui il Giappone moderno ha bisogno.
Iain Maloney, The Japan Times
Un’agente di polizia alle prime armi deve sorvegliare un gruppo di rifugiati: deve cercare di capire se sono terroristi e, in caso, dove si nascondano gli assassini. Tecnicamente, questa è la descrizione più accurata della trama del romanzo d’esordio di David Musgrave, Lambda. Sembrerebbe un romanzo piuttosto semplice, ma fin dalla prima pagina Lambda abbandona la narrazione lineare e ambienta la storia in un Regno Unito parallelo dove puoi avere problemi con la polizia per aver danneggiato uno spazzolino da denti parlante. Nel bizzarro 2019 di Lambda sono stati fatti progressi nell’intelligenza artificiale al punto che agli “oggetti senzienti” sono stati concessi dei diritti, anche allo spazzolino da denti, ovvero ToothFriendIV. Nel frattempo, la polizia testa un sistema d’intelligenza artificiale capace di accusare qualcuno di un crimine e di andare direttamente a ucciderlo. Il governo ama definire questa pratica attenuazione, neutralizzazione o disattivazione. Potrebbe sembrare un pastiche alla Philip K. Dick, ma l’esordio di Musgrave è più ambizioso; la sua è una fantascienza letteraria originale e accattivante. E anche quando non riesce a risolvere efficacemente i suoi misteri, Lambda abbaglia per la sua ingegnosità e capacità di evocare umori e stati d’animo. L’ho appena letto e ammetto di ricordare già a malapena il finale davvero un po’ esile. Ma certe immagini evocative di un mondo e di una società fuori asse mi rimarranno nella memoria.
Kate Knibbs, Wired
Spesso citato come il principale candidato cinese al premio Nobel per la letteratura, Liu Zhenyun comincia il suo racconto con Yang Baishun, un venditore ambulante di tofu che ha ereditato il lavoro dal padre e non lo vuole più. Il padre di Yang ha un solo amico, un carrettiere, e anche quando si scopre che l’amico non contraccambia la sua simpatia, il vecchio Yang assume un atteggiamento indulgente: “Non avrebbe dovuto guidare un carretto per tutta la vita”, sospira. Il giovane Yang parte per cercare fortuna facendo qualsiasi cosa che non sia vendere tofu. Con il tempo ha una moglie e una figlia, le perde entrambe: una scappa, l’altra, a quanto pare, viene rapita. Ma da chi? La storia fa un salto in avanti di due generazioni e le stesse cose accadono in una Cina più moderna. Sebbene la trama abbia un’aria indefinita non fornendo una cronologia precisa, Liu vuole farci sapere che la storia collega due mondi, una vecchia Cina di piccoli villaggi e signori della guerra e quella nuova post-rivoluzionaria di dittatura del partito ed economia pianificata. Nulla sembra cambiare mai. Una cronaca di vite scandite da una silenziosa disperazione, sobria e riflessiva, triste senza mai essere cupa.
Kirkus Reviews
L’autrice statunitense Sigrid Nunez era poco nota prima che il suo settimo romanzo, L’amico fedele (Garzanti), vincesse il National book award del 2018. Anche Attraverso la vita (da cui è tratto il film di Pedro Almodóvar La stanza accanto) è raccontato dalla prospettiva di una scrittrice di mezza età e la narrazione principale ruota intorno al suicidio di una vecchia amica: in questo caso, una donna che dopo una diagnosi di cancro terminale chiede assistenza per porre fine alla sua vita. Si apre nel 2017 con la protagonista a una conferenza sui problemi insormontabili della crisi climatica, e “l’inevitabile prossima grande pandemia influenzale”. Sente dire che fare figli è un atto egoistico di fronte al collasso climatico e la relazione si conclude con il suggerimento che tutto ciò che gli esseri umani possono fare è “imparare a dire addio”. Il romanzo è un tentativo in questo senso: è un libro che si occupa della fine delle cose sia a livello personale sia, in generale, da un punto di vista culturale. Eppure, nonostante sia strutturato come un romanzo corale che intreccia storie di tante persone diverse, i due personaggi centrali sono gli unici tratteggiati con la giusta complessità.
Helen Charman, The Guardian
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