
Questo è un disco molto deludente, perché Lorde ai suoi esordi aveva fissato l’asticella così in alto che David Bowie l’aveva definita “il futuro della musica”. La cantante neozelandese aveva solo 16 anni quando è apparsa nella scena pop con Pure heroine. La sua ricerca sonora era continuata nel secondo lavoro, Melodrama, un altro disco in grado di esplorare i sentimenti con schiettezza. In Solar power però la cantante adotta un distacco stonato dalla realtà. Invece di aiutarla a trovare dei suoni nuovi e interessanti, il produttore Jack Antonoff ha scelto di andare a caccia di vibrazioni da spiaggia anni sessanta. Nel singolo che dà il titolo al disco c’è addirittura un cenno di Faith, pezzo del 1987 di George Michael, mentre in California la cantante fa l’occhiolino alla Katy Perry di California gurls. In realtà Lorde ha detto di voler fare musica come Joni Mitchell. Solar power sembra la sua versione del 21° secolo di The hissing of summer lawns, il classico del 1975 in cui Mitchell esplorava il ventre oscuro dei quartieri benestanti californiani. Ma se Mitchell descriveva la profonda disperazione di quelle donne ricche, Lorde si limita a volteggiare sul suo grazioso paesaggio sonoro. Helen Brown, Independent