Sarà anche la più grande azienda tecnologica del mondo, ma nello scontro tra le due maggiori economie del pianeta, gli Stati Uniti e la Cina, la Apple sta diventando una delle tante pedine, per quanto abbastanza grossa. L’azienda di Cupertino, infatti, ha subìto una dura minaccia alle sue attività nel paese asiatico. Pechino vorrebbe vietare l’uso dell’iPhone e di altri dispositivi prodotti da marchi stranieri a chi lavora nell’amministrazione pubblica. Il 7 settembre l’agenzia Bloomberg ha riferito anche che il divieto potrebbe essere esteso ai dipendenti delle aziende di stato e di altri enti legati al governo. In un paese di 1,4 miliardi di abitanti con un’economia controllata dallo stato, vorrebbe dire una quantità enorme di persone.

Secondo l’istituto cinese di statistica nel 2021 lo stato dava lavoro a 56,3 milioni di persone nei centri urbani. Queste ricevono un salario dell’8 per cento più alto rispetto alla media nelle città. Si tratta quindi di un segmento di mercato attraente per la Apple, specializzata in prodotti di fascia alta. Dal momento che l’azienda vende ogni anno 320 milioni di iPhone in tutto mondo, 56 milioni di potenziali clienti sarebbero una bella fetta a cui rinunciare, soprattutto nel mercato globale degli smartphone, ormai maturo e con basse prospettive di crescita.

Come se non bastasse, il gigante tecnologico cinese Huawei Technologies ha lanciato un nuovo smartphone che, a quanto pare, usa le reti 5g anche se gli Stati Uniti hanno vietato di fornire alla Cina i processori avanzati necessari per questa tecnologia. Il nuovo dispositivo, il Mate 60 Pro, è andato esaurito in poche ore e ha già accumulato un’enorme quantità di ordini. È stato inoltre opportunamente lanciato poco prima della presentazione del nuovo iPhone.

Per questo motivo il 7 e l’8 settembre le azioni della Apple hanno perso quasi il 7 per cento, facendo crollare il suo valore di borsa di 194 miliardi di dollari. Potrebbe sembrare una reazione eccessiva, tenendo conto che non ci sono ancora certezze sul divieto e su come potrebbe essere attuato. La Cina, inoltre, non ha interesse a danneggiare apertamente un importante datore di lavoro nel suo territorio, in un periodo in cui la disoccupazione è in aumento. Secondo alcune stime, in una singola città cinese ci sono più di un milione di persone impiegate nella fabbricazione di prodotti della Apple o in attività dell’indotto.

Nel 2023, prima del recente crollo, le azioni della Apple avevano registrato un rialzo complessivo del 46 per cento, raggiungendo valori altissimi per un settore soggetto a brusche cadute e incentrato sull’hardware. Secondo la società di analisi FactSet, le azioni della Apple stavano superando il prezzo di riferimento mediano di Wall street per la prima volta in 18 mesi, poco prima degli ultimi risultati trimestrali, pubblicati all’inizio di agosto.

Utili lordi

I recenti sviluppi, tuttavia, sono solo una delle sfide che la Apple ha dovuto affrontare in Cina, un paese che attualmente rappresenta il suo terzo mercato e che tra il giugno 2022 e il giugno 2023 ha generato il 19 per cento delle sue entrate. Le vendite nell’area Greater Cina (Cina continentale, Hong Kong, Macao e Taiwan) hanno generato più del 12 per cento degli utili lordi complessivi dell’azienda nell’ultimo esercizio. Ma nel 2022 le restrizioni dovute al covid-19 e i disordini sociali hanno ostacolato la produzione degli iPhone in Cina, provocando ritardi nelle consegne in un periodo cruciale per le vendite. Per questo la Apple ha deciso di diversificare la localizzazione degli impianti di assemblaggio dei suoi prodotti, puntando su paesi come l’India e il Vietnam. La Cina, però, rappresenta ancora di gran lunga la sua più estesa base manifatturiera. E l’iPhone è ancora il principale prodotto della Apple, in grado di generare il 52 per cento delle entrate.

Tutto questo, paradossalmente, rende l’azienda un obiettivo relativamente facile nella guerra economica tra Stati Uniti e Cina. Washington ha imposto forti restrizioni sulle forniture di processori avanzati e sulle tecnologie annesse alla Cina, che a sua volta ha risposto imponendo delle restrizioni su aziende statunitensi, come il produttore di chip di memoria Micron. Pechino ha messo in campo altre rappresaglie: per esempio ritardando l’approvazione di importanti fusioni e acquisizioni o intralciando i piani di crescita per importanti produttori statunitensi di semiconduttori, come la QuaIcomm.

Attaccare la Apple, inoltre, crea profonde tensioni in tutto il settore dell’alta tecnologia, dal momento che l’azienda è uno dei più importanti acquirenti al mondo di processori. Il 7 settembre l’indice Phlx, composto dalle trenta maggiori aziende statunitensi coinvolte nella progettazione, distribuzione, produzione e vendita dei semiconduttori, è sceso del 2 per cento. La Qrvo, che fornisce importanti chip per radiofrequenze usati nell’iPhone, ha perso più del 7 per cento. I produttori statunitensi di personal computer che hanno importanti impianti manifatturieri in Cina, come la Hp, hanno visto le loro azioni scendere del 2 per cento. Se la Apple non sarà in grado di schivare i proiettili della guerra tra gli Stati Uniti e la Cina, chi potrà farlo? ◆ gim

Da sapere
In Vietnam

◆ Grazie all’arrivo dei colossi tecnologici, in cerca di alternative alla Cina, negli ultimi anni il Vietnam è diventato un importante centro manifatturiero per aziende come la Apple e la Samsung. La Foxconn e la Luxshare-Ict, le principali imprese che assemblano prodotti per la Apple, hanno bisogno di migliaia di operai in Vietnam per soddisfare la domanda di AirPod e di caricabatterie. La Foxconn sta assumendo 24.500 persone nel nord del paese, in particolare nella provincia di Bac Giang, la Luxshare 24mila. Non sarà facile trovarne tanti, sottolinea Rest of World, considerando che negli ultimi mesi decine di migliaia di lavoratori sono stati licenziati e sono tornati nei loro villaggi d’origine. Secondo alcune stime, le aziende attive a Bac Giang hanno ancora settantamila posti di lavoro vacanti, che devono essere occupati entro la fine del 2023. Per rendere l’offerta più allettante, alcune aziende hanno deciso di semplificare le procedure di assunzione e offrire incentivi. La New Wing Interconnect Technology, una controllata della Foxconn, ora assume anche lavoratori meno esperti ed è disposta a pagare fino a dieci milioni di dong (415 dollari) al mese, oltre a organizzare dormitori e pull­man per il trasporto del personale.


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Questo articolo è uscito sul numero 1529 di Internazionale, a pagina 115. Compra questo numero | Abbonati