Editoriali

La Polonia sfida l’Europa

La Polonia continua a giocare con il fuoco e rischia seriamente di scottarsi. Il 19 ottobre la sfida lanciata all’Unione europea da Varsavia, che vuole anteporre la legislazione nazionale al diritto comunitario, si è arricchita di un nuovo capitolo: durante un acceso dibattito al parlamento europeo il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki ha dichiarato che il suo paese non accetterà il “ricatto finanziario” di Bruxelles.

Morawiecki ha affermato che in ogni paese europeo la costituzione ha la precedenza, cercando la quadratura di un cerchio giuridico che permetta alla Polonia di restare all’interno dell’Unione senza dover rispettare le sue norme. Ha dichiarato che la Polonia non è una provincia dell’Unione europea, e che quest’ultima si è trasformata in un “organismo centralista e si è arrogata poteri che non le spettano”. Queste parole sono un attacco al cuore dell’Unione, la cui esistenza si basa sull’accettazione da parte di tutti gli stati della supremazia delle leggi comunitarie e delle sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea. La presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha reagito con fermezza, dichiarando che non tollererà che siano messi a rischio i valori comuni europei. Anche i principali gruppi parlamentari europei hanno criticato Morawiecki e hanno chiesto alla Commissione di prendere provvedimenti.

Morawiecki ribadisce di non volere che il suo paese esca dall’Unione, ma il parlamento europeo gli ha ricordato che ignorare le norme comunitarie significa automaticamente dirigersi verso la porta. Lo scontro appare inevitabile e la Commissione ha diversi strumenti per rispondere: aprire una procedura di infrazione, sospendere il diritto di voto della Polonia (ma questa misura richiede l’unanimità, e l’Ungheria è contraria) o usare il denaro, forse lo strumento più efficace, congelando i 36 miliardi di euro del fondo per la ripresa. In questo caso la Polonia rischierebbe di perdere anche gli altri 106 miliardi che le sono stati assegnati dal bilancio comunitario. ◆ as

Gli assorbenti non sono un lusso

In Colombia le mestruazioni continuano a essere un incubo per centinaia di migliaia di donne. I dati dipingono un quadro terribile: circa 683mila colombiane non possono permettersi di comprare assorbenti o altri prodotti per l’igiene mestruale e 312mila non hanno accesso a un bagno sicuro, pulito e privato. Questo significa che le mestruazioni diventano motivo di stress, vergogna e isolamento. La disuguaglianza è un circolo vizioso: i prodotti per l’igiene mestruale sono costosi e, dal momento che le donne hanno meno potere d’acquisto, diventano un lusso a cui dover rinunciare. Questo costringe le donne ad allontanarsi dagli spazi pubblici, dalla scuola e dal lavoro quando hanno le mestruazioni, il che aggrava le disuguaglianze.

La Colombia sta fallendo sul piano dell’equità economica, ma anche su quello dell’istruzione. C’è una profonda ignoranza sulle mestruazioni, che alimenta il pregiudizio. Un quarto delle ragazze colombiane intervistate per un rapporto dell’Unicef ha ammesso di aver saltato la scuola a causa delle mestruazioni e il 45 per cento ha detto di non sapere da dove proviene il sanguinamento mestruale, confermando la scarsa conoscenza dei propri diritti sessuali e riproduttivi. L’inchiesta nazionale sulla demografia e la salute del 2015 ha rilevato che solo il 29,2 per cento delle donne sa che il periodo fertile si verifica tra due mestruazioni. La situazione è grave, e la pandemia non ha fatto che peggiorarla. Degli 1,2 milioni di posti di lavoro persi rispetto al luglio del 2019, un milione apparteneva a donne.

La questione è semplice: le mestruazioni sono una parte essenziale dell’esperienza di vita delle donne. È quindi un diritto di tutte accedere a condizioni igieniche ottimali. Una buona notizia in questo senso è il primo sussidio per le mestruazioni in Colombia, annunciato dalla Cassa di compensazione familiare del dipartimento di Antiochia. L’idea è offrire un buono per l’acquisto di prodotti per l’igiene mestruale e aiutare 2.700 ragazze tra i 12 e i 18 anni a conoscere meglio come funziona il ciclo mestruale. È una misura utile che dovrebbe essere presa a esempio. Le mestruazioni devono smettere di essere un incubo. ◆ ff

Altro da questo numero
1432 - 22 ottobre 2021
Abbonati a Internazionale per leggere l’articolo.
Gli abbonati hanno accesso a tutti gli articoli, i video e i reportage pubblicati sul sito.
Black Friday Promo