Editoriali

Sul cibo non si può speculare

Il forte aumento del prezzo dei prodotti alimentari nell’ultimo anno – in media del 30 per cento – ha fatto scattare l’allarme su quello che potrebbe essere l’inizio di una nuova crisi. Come nel 2008, le più colpite sono le regioni povere del mondo.

All’epoca la crisi provocò proteste e instabilità politica in molti paesi. Le cause che si ripetono ciclicamente sono: aumento della domanda, incremento del prezzo dell’energia, dei fertilizzanti e dei trasporti. A queste vanno aggiunti i cambiamenti strutturali, come l’emergenza climatica. La ricerca di alternative ai combustibili fossili per ridurre l’impatto ambientale ha, a sua volta, fatto schizzare alle stelle la richiesta di biocombustibili come l’etanolo o il biodiesel, e con i prezzi attuali dell’energia risulta più conveniente destinare le coltivazioni di zucchero, olive o cereali alla loro produzione.

Secondo il Programma alimentare mondiale, 45 milioni di persone rischiano la fame in 43 paesi. Nel 2017 erano 27 milioni. Nel frattempo è cresciuta anche la finanziarizzazione dei mercati alimentari: i prodotti di prima necessità non possono essere considerati né semplici materie prime né l’ennesimo bene su cui si può speculare. Nonostante l’impatto di questa crisi sia molto diverso tra i paesi ricchi e quelli emergenti, anche le famiglie spagnole cominciano ad accorgersi che i prodotti alimentari sono più cari che mai. A questi problemi si aggiunge il fatto che gli agricoltori hanno sempre meno incentivi a proseguire l’attività. Il rincaro dell’energia, dell’acqua, della plastica, dei mangimi e dei fertilizzanti nell’ultimo anno oscilla tra il 20 e l’80 per cento. E l’incidenza del costo di alcune materie prime è molto più alta rispetto al passato.

In Spagna la nuova legge sulla catena alimentare è la risposta alla necessità di avere prezzi equi e una divisione equilibrata del valore tra tutti gli anelli della catena. Inoltre, il governo spagnolo ha presentato un piano strategico per il settore, finanziato con fondi europei, che può garantire un salto di qualità nella modernizzazione e nella digitalizzazione dell’agricoltura e dell’allevamento.◆ as

Un’idea sbagliata della Francia

Nel video con cui il 30 novembre il giornalista Éric Zemmour ha lanciato la sua candidatura alle presidenziali francesi tutto è grottesco. Si crede il generale de Gaulle o scimmiotta il re d’Inghilterra Giorgio VI che annuncia l’entrata in guerra. La Francia che vuole conquistare non è quella di oggi. È quella dei campanili, dei cavalieri e di Luigi XIV. E dispiace per i grandi cantanti del passato, Georges Brassens e Barbara, chiamati in causa in questo guazzabuglio reazionario. La Francia in bianco e nero che trasuda odio verso l’altro non è e non sarà mai la nostra. Che tristezza vedere che nei sondaggi un candidato ossessionato dal razzismo potrebbe anche arrivare al secondo turno.

La storia dirà se una candidatura così caricaturale arriverà fino in fondo. Vogliamo sperare di no, e che il tempo degli eccessi e della trasgressione passerà come un attacco di orticaria. Purtroppo, però, il danno ormai è fatto. È stato sollevato il coperchio su una pentola di brodo rancido. La destra tradizionale francese, che lotta per la sopravvivenza e deciderà in questi giorni chi candidare alle elezioni presidenziali dell’aprile 2022, si è fatta coinvolgere in una corsa al radicalismo che non le fa onore. Marine Le Pen, in confronto al nuovo arrivato, sembra quasi rispettabile. Ma il Rassemblement national, che lei ha cercato di rendere presentabile, anche nella versione edulcorata resta pur sempre l’erede della stessa tradizione di estrema destra da cui viene Éric Zemmour.

Nella campagna presidenziale la sinistra è diventata invisibile. Come far sentire le proposte sulla sanità, i servizi pubblici o il potere d’acquisto quando ogni giorno salta fuori una nuova battuta sull’identità, l’immigrazione o la sicurezza, che va a nutrire la bestia dei social network?

Non è un caso che Zemmour abbia scelto per il suo annuncio il giorno in cui la salma di Joséphine Baker è stata trasferita al Panthéon. Di quel giorno preferiamo ricordare quest’artista progressista della resistenza antinazista, la prima donna nera ammessa nel “cimitero dei grandi uomini”, piuttosto che un lugubre video che non onorerà la storia francese, in cui ha la pretesa di iscriversi. ◆ gim

Altro da questo numero
1438 - 3 dicembre 2021
Abbonati a Internazionale per leggere l’articolo.
Gli abbonati hanno accesso a tutti gli articoli, i video e i reportage pubblicati sul sito.
Black Friday Promo