Editoriali

Un impegno verso per il clima

L’ultimo rapporto delle Nazioni Unite sul clima, intitolato Broken record (traducibile sia come “disco rotto” sia come “record infranto”), ribadisce con forza che i progressi fatti dopo gli accordi di Parigi del 2015 sono stati insufficienti.

L’obiettivo era mantenere l’aumento delle temperature entro i due gradi e “il più vicino possibile agli 1,5 gradi” rispetto ai livelli preindustriali. Negli ultimi anni si è creato un consenso sulla necessità di mantenere l’obiettivo degli 1,5 gradi. Ma tenendo conto di tutti gli impegni presi dai paesi coinvolti negli accordi di Parigi per minimizzare la dipendenza delle rispettive economie dai combustibili fossili, è probabile che le temperature aumenteranno di almeno 2,5 gradi entro la fine del secolo. Per restare al di sotto dei due gradi di incremento bisognerebbe ridurre le emissioni del 28 per cento prima del 2030, mentre per rispettare l’obiettivo degli 1,5 gradi sarebbe necessario un taglio del 42 per cento. Molti paesi hanno detto di voler azzerare le emissioni, ma secondo gli autori del rapporto queste promesse non sono “credibili”. Ciò non significa che gli accordi di Parigi siano stati inutili. In base alle politiche in atto nel 2015, le emissioni di gas serra sarebbero dovute aumentare del 16 per cento entro il 2030. Oggi l’aumento previsto è del 3 per cento.

Ma le buone notizie finiscono qui. Il rapporto dell’Onu afferma che nel 2022 a livello mondiale sono stati emessi 57,4 miliardi di tonnellate di anidride carbonica, cioè l’1,2 per cento in più rispetto al 2021. La pandemia ha determinato un calo del 4,7 per cento nelle emissioni, ma le proiezioni per il 2023 suggeriscono che il mondo sia tornato ai livelli precedenti all’emergenza sanitaria.

L’incapacità di adottare misure adeguate ha conseguenze evidenti. Fino a ottobre sono stati registrati 86 giorni con temperature superiori di almeno 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali. Settembre è stato il mese più caldo mai registrato. In termini di soluzioni, il rapporto ripete che i paesi più ricchi e quelli storicamente responsabili della crisi climatica devono impegnarsi di più e più rapidamente per ridurre le emissioni. Finora i vertici sul clima sono stati dominati da questioni legali e cavilli. Il tempo sta finendo. Il mondo deve rimettersi in carreggiata. ◆ as

Come rispondere ai populisti

L’aspetto più scoraggiante dei politici populisti ed estremisti è che alla fine tornano sempre. A volte molti anni dopo, nello stesso paese o in un altro. In settimana gli argentini hanno eletto presidente Javier Milei, un economista ultraliberista. Sugli Stati Uniti aleggia il fantasma di Donald Trump, che potrebbe ottenere di nuovo la presidenza nel 2024, una prospettiva preoccupante per l’equilibrio geopolitico del pianeta.

L’ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro ha detto che il successo di Milei sancisce la vittoria dell’onestà, del progresso e della libertà. La libertà di portare armi, di trafficare organi, di distruggere lo stato e di vietare l’aborto.

A questo punto conta una sola domanda: com’è possibile che gli argentini abbiano votato per Milei? Perché i più emarginati hanno affidato il potere a un individuo deciso a spazzare via la giustizia sociale? Bisogna evitare le risposte sbrigative, perché prendersela con gli elettori non serve a nulla e soprattutto non impedisce il ritorno dei populisti. Questi risultati elettorali nascono spesso dal fallimento dei governi precedenti. In Argentina l’inflazione è al 143 per cento e il tasso di povertà è del 40 per cento. Come spiega il sociologo francese Pierre Rosanvallon, molti elettori si fanno sedurre dalla “visione semplicistica ma coerente della società e dell’economia” proposta dai populisti, s’identificano nei leader carismatici e accettano una banalizzazione delle istituzioni che si nutre delle delusioni democratiche.

Qual è il rimedio? Secondo Rosanvallon e altri studiosi la politica dovrebbe migliorare il funzionamento di tutti gli aspetti della democrazia – voto, rappresentanza, controllo, informazione – coinvolgendo, oltre al parlamento e al governo, altre autorità decisionali e soprattutto la cittadinanza, le cui necessità vanno tenute in considerazione non solo in vista delle elezioni. Sono piste che bisognerà necessariamente percorrere, anche perché lo scoraggiamento non è un’opzione. ◆ as

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1539 - 24 novembre 2023
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