Editoriali

Incertezza e violenza ad Haiti

La sera dell’11 marzo il primo ministro di Haiti Ariel Henry ha annunciato le sue dimissioni. Il paese vive una violenza senza precedenti e una profonda confusione istituzionale. La decisione, sostenuta dagli Stati Uniti, dovrebbe contribuire a contenere l’emergenza e a pacificare un paese controllato dalle bande criminali. Il primo passo in questa direzione è creare un consiglio di transizione con il compito di definire un calendario elettorale a medio termine e aprire le porte a una missione di sostegno internazionale. Il livello di allerta, intanto, resta molto alto. La situazione d’instabilità totale ha impedito il rientro ad Haiti di Henry, che è rimasto bloccato a Puerto Rico di ritorno da un viaggio in Kenya.

La crisi si è aggravata all’inizio di marzo, dopo l’evasione di più di tremila detenuti dalle principali prigioni del paese. Questa ha dato il via a una rivolta guidata dall’ex poliziotto Jimmy Chérizier, soprannominato Barbecue. Anche se si presenta come un guerrigliero e un liberatore, Barbecue è di fatto il leader più in vista del crimine organizzato di Haiti. La settimana scorsa ha minacciato di scatenare una “guerra civile” se Henry non si fosse fatto da parte. La condizione di rivolta permanente in corso ad Haiti, che ha accelerato l’esodo di migliaia di persone, affonda le sue radici nell’omicidio del presidente Jovenel Moïse a Port-au-Prince, nel luglio 2021.

Quel drammatico evento ha definitivamente fatto precipitare nel caos il paese caraibico, che già si trovava in un equilibrio estremamente precario. La mancanza di legittimità del primo ministro e il malcontento sociale, uniti alla povertà diffusa, hanno preparato il terreno per l’espansione della criminalità e l’ascesa dei gruppi armati.

Oggi Haiti, che divide l’isola di Hispaniola con la Repubblica Dominicana, è sempre più scollegata dal resto del mondo. Sempre l’11 marzo in Giamaica si è svolta una riunione di alto livello per affrontare la crisi e avviare la transizione. Oltre alle questioni politiche, sul tavolo c’è anche l’invio di una forza militare supervisionata dalle Nazioni Unite e coordinata dal Kenya. Finora però non è stato possibile dare inizio alla missione e Barbecue ha già fatto sapere che non accetterà un intervento esterno.

Ad Haiti è in corso una guerra civile a bassa intensità. La comunità internazionale deve adoperarsi per fermarla il prima possibile. ◆ as

L’ondata populista a Lisbona

Dopo il terremoto del 1755 che rase al suolo Lisbona influenzando profondamente il carattere nazionale del Portogallo, il paese è alle prese con un nuovo sisma, stavolta di natura politica.

Dopo quasi nove anni di governo, il Partito socialista (Ps) è stato infatti sconfitto alle elezioni legislative, perdendo 43 seggi in parlamento fermandosi a 77 deputati sui 230 totali. La coalizione di destra, l’Alleanza democratica (Ad), guidata dal Partito socialdemocratico (Psd), storico leader dello schieramento conservatore, ha ottenuto 79 seggi.

Anche se nessuna formazione si avvicina alla maggioranza assoluta, la legge dà all’Ad il diritto di formare un governo. Il leader della coalizione, Luís Montenegro, ha detto che intende provarci, ma qui cominciano i problemi. Dal voto, infatti, è emersa una grande novità rispetto al tradizionale bipolarismo portoghese, che dall’avvento della democrazia nel 1974 ha oscillato tra governi di sinistra e conservatori rimasti sempre all’interno di uno schema di regole ben preciso.

Questa frattura ha l’aspetto di un fenomeno noto in molti paesi del mondo: il populismo radicale di destra. Chega, un partito nato nel 2019 sbandierando la sua ammirazione per individui come Donald Trump e Jair Bolsonaro, è passato da 12 a 48 deputati, e ora il suo leader André Ventura chiede di partecipare al nuovo esecutivo. Lo stallo rischia di generare un periodo d’instabilità, ma l’affluenza è stata del 66,3 per cento, la più alta in trent’anni: che piaccia o no, il popolo si è espresso.

Il futuro è ancora incerto, ma con il possibile ritorno di Trump alla Casa Bianca e la rinnovata forza dell’estrema destra, che sta scuotendo perfino la Germania, è lecito pensare che una distruttiva ondata populista simile a quella del 2016 si stia formando. ◆ as

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1554 - 15 marzo 2024
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