Tutto è cominciato il 6 maggio 2020, in piena pandemia di covid-19, quando, dopo aver adottato alcune misure per sostenere l’economia e la società francese, il presidente Emmanuel Macron ha annunciato finalmente degli aiuti al settore culturale, in cui lavorano 1,3 milioni di persone. All’interno di un piano destinato ai mezzi d’informazione, è stato avviato anche un “grande programma di committenze pubbliche”, che comprendeva il progetto fotografico intitolato Radioscopie de la France: regards sur un pays traversé par la crise sanitaire (Radioscopia della Francia: sguardi su un paese colpito dalla crisi sanitaria). Per il progetto sono stati scelti duecento fotografi che hanno lavorato sul territorio francese tra il 2021 e il 2022. La selezione ha provocato qualche polemica, perché inizialmente si volevano sostenere i fotogiornalisti in difficoltà, ma poi sono rimasti fuori alcuni nomi importanti del settore a favore di autori che avevano collaborato con la stampa solo raramente o mai.
Il progetto è stato diretto dal dipartimento delle stampe e della fotografia della Biblioteca nazionale di Francia (Bnf), che il 19 marzo 2024 inaugura la mostra La France sous leurs yeux, 200 regards de photographes sur les années 2020 (La Francia sotto i loro occhi, 200 sguardi di fotografi sul 2020), accompagnata da un grosso catalogo. Ogni fotografo ha avuto a disposizione 22mila euro per realizzare un lavoro nell’arco di sette mesi. Ognuno ha consegnato dieci stampe destinate alla collezione permanente della Bnf, oltre a una serie più ampia di foto in formato digitale. L’iniziativa è costata 5,4 milioni di euro, per un totale di duemila stampe e quasi 20mila file che sono entrati a far parte del patrimonio nazionale. Con un’età che va dai 21 anni (Philémon Barbier) agli 81 (Harry Gruyaert), i fotografi (di cui il 40 per cento donne) erano per lo più residenti a Parigi e dintorni, ma i progetti hanno interessato l’intero paese, compresi i dipartimenti e i territori d’oltremare.
La mostra parigina è il culmine del progetto, ma nel 2023 ci sono state altre mostre personali o collettive in diversi luoghi e altre iniziative continueranno nel 2024. Dal materiale è nato anche un progetto multimediale istituzionale di 52 minuti, insieme a video realizzati da singoli fotografi, come quello di Samuel Bollendorff nell’est della Francia dopo lo smantellamento dell’industria pesante; quello di Marius, figlio del fotografo Éric Larrayadieu, che ha seguito il padre durante le riprese nella piccola città dove vive; o quello di Camille Millerand con Premier de corvée, sulle migliaia di lavoratori irregolari e invisibili che contribuiscono all’economia svolgendo spesso lavori molto faticosi.
Più vicino a noi, nel 1984, la missione fotografica Datar (Delegazione interministeriale per lo studio del territorio e dell’attrattività regionale) aveva incaricato dodici fotografi di rappresentare il paesaggio francese. Inizialmente previsto per durare un anno, il progetto è cresciuto e alla fine 28 fotografi, non solo francesi, attraversarono il paese per creare un fondo di duemila immagini, poi conservate alla Bnf, insieme ai provini di circa 200mila fotografie. Gli approcci sono stati molto diversi: Robert Doisneau aveva fotografato a colori con il banco ottico la periferia di Parigi, Sophie Ristelhueber aveva seguito le ferrovie e Gabriele Basilico le coste. Questo progetto pubblico fece da traino a molte altre iniziative promosse da città, dipartimenti e regioni. E durante la presidenza di François Mitterrand i grandi appalti pubblici destinati al Grand Louvre, l’Opera Bastille, l’arco della Defense, la Grande bibliothèque sono stati oggetto di campagne fotografiche.
Eccezionale per le sue dimensioni, il progetto s’inserisce in una tradizione francese che risale agli esordi della fotografia. Già nel 1851, quella che fu in seguito chiamata “Missione eliografica”, aveva impegnato i fotografi più importanti dell’epoca tra cui Henri Le Secq, Gustave Le Gray, Auguste Mestral, Édouard Baldus e Hippolyte Bayard per “realizzare dei disegni fotografici di un certo numero di edifici storici”. Più di 170 monumenti furono fotografati in tutta la Francia. Napoleone III, imperatore dal 1852 al 1870, aveva visto nella fotografia un valido strumento di comunicazione e lo usò diffondendo il suo ritratto ufficiale fatto da Gustave Le Gray. Inoltre inviò vari fotografi a documentare la costruzione di ferrovie, stazioni e altri grandi lavori pubblici. Gli album fotografici elegantemente rilegati erano usati come regali ufficiali. Anche la regina Vittoria, nel Regno Unito, creò un’importante collezione di fotografie degli autori del suo tempo.
Il progetto attuale, che evoca la campagna statunitense della Farm security administration del 1935 nell’epoca della grande depressione, si caratterizza per la varietà delle sue proposte. Malgrado l’impossibilità di tracciare un panorama completo, l’iniziativa dà conto dello stato della fotografia francese di oggi, almeno di quella che vuole esplorare il mondo in cui viviamo.
Guardando questi lavori si capisce come il fotogiornalismo attraversi una fase difficile. La causa è da un lato la crisi dell’editoria, che non è più la prima produttrice di immagini, dall’altro l’evoluzione del linguaggio. Non si tratta più infatti, come si diceva tra gli anni cinquanta e settanta, di raccontare delle storie, ma di documentare il mondo. E l’approccio più diffuso oggi è lo stile documentario, ispirato ai lavori di August Sander e Walker Evans, come dimostra l’abbondanza di ritratti presenti nel progetto. Ritratti, nella maggior parte posati, in grado di mostrare la varietà della popolazione francese.
Nel frattempo in Francia il ministero della cultura ha avviato altri progetti che, anche se meno spettacolari, costituiranno una grande risorsa per storici, sociologi e ricercatori. ◆ adr
◆ La mostra La France sous leurs yeux, 200 regards de photographes sur les années 2020 è esposta alla Biblioteca nazionale di Francia fino al 23 giugno. Il catalogo (BnF Éditions) contiene 500 foto e testi di Pierre Charbonnier, Cynthia Fleury, Pierre Haski et Judith Rainhorn.
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Questo articolo è uscito sul numero 1554 di Internazionale, a pagina 64. Compra questo numero | Abbonati