Per dieci anni Martina Cirese non è mai stata ferma. Dopo aver lasciato Roma ha vissuto a Parigi, dove ha studiato storia contemporanea all’università, per poi tornare in Italia (in provincia di Treviso), formarsi come fotografa a Fabrica, e ritrovarsi di nuovo all’estero, stavolta a Berlino. È nella capitale tedesca che è cominciato un lungo progetto personale, inizialmente intitolato Silence is sexy, che ora ha trovato una forma più definitiva e completa come Diari 2015-2025, e che sarà esposto nello spazio La CAVe di Testaccio, a Roma, dall’11 aprile al 2 maggio.
La fine di una relazione ha messo in moto nell’artista una crisi, che si è trasformata in un’indagine sui meccanismi del desiderio e dei rapporti sentimentali. Guidata dall’istinto, ha continuato a trovare nel diario (mezzo che usa fin da bambina) il luogo ideale per depositare un flusso emotivo instancabile, fatto di dubbi e contraddizioni. È con i diari, prima ancora della macchina fotografica, che è entrata in contatto con altre persone che hanno condiviso con lei le loro esperienze. I sex club di Berlino sono stati solo un punto di partenza, un concentrato di alterità per conoscere altri modi di vivere l’intimità e la sessualità. Dopo questa prima fase, la ricerca di Cirese si è spostata soprattutto negli appartamenti, in situazioni domestiche dove l’attenzione si è concentrata su un’umanità eterogenea, curiosa e interessata a confrontarsi sulle questioni che hanno smosso l’artista.
Ai venti taccuini, densi di una calligrafia fitta e di disegni, si aggiungono così le foto, in cui i soggetti partecipano attivamente, con fiducia, per condividere le loro storie davanti alla macchina fotografica, aggiungendo riflessioni scritte e trasformando il progetto quasi in un collage collettivo. Nei Diari, testi, foto e disegni finiscono nello stesso flusso: le parole non sono da leggere, non sono dei commenti agli scatti, ma assumono quasi la forma di altre immagini o di codici da decifrare. I disegni nascono dalle foto stesse: nella selezione finale, a volte un disegno è stato preferito a uno scatto, e viceversa. Nel corso di un decennio, questo lavoro è stato il contenitore magmatico, vivo, di un processo personale e artistico che chiude un ciclo e allo stesso tempo proietta Cirese verso nuove ricerche.
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