Il 9 novembre un commando armato ha fatto irruzione nel bar Los Cantaritos nella città di Querétaro e ha aperto il fuoco su decine di persone. L’assalto è durato meno di un paio di minuti, ma secondo le autorità ha provocato almeno dieci morti e tredici feriti, di cui due gravi. Il massacro ha riacceso le domande sull’ondata di violenza che ha investito il Messico all’inizio del governo di Claudia Sheinbaum e si è subito trasformato in una questione politica. L’opposizione infatti chiede risultati nella lotta al crimine e un inasprimento della nuova strategia di sicurezza presentata dalla presidente l’8 ottobre, una settimana dopo l’insediamento.

Il massacro di Querétaro, considerato uno stato poco violento, preoccupa per la sua brutalità e per la possibilità che si ripeta la situazione del vicino stato di Guanajuato, dove si è registrato il maggior numero di omicidi in Messico dall’inizio dell’anno fino alla fine di settembre.

L’analista David Saucedo spiega che lo stato di Querétaro, a duecento chilometri dalla capitale, ha un ruolo chiave nella mappa criminale del paese. Confina a ovest con il Guanajuato, conteso tra il cartello di Santa Rosa de Lima, una potente organizzazione regionale, e il cartello Jalisco nueva generación, una delle forze criminali più pericolose al mondo.

Lo stato di Querétaro è la retroguardia del Santa Rosa de Lima e il luogo dove il cartello si ritira dopo gli scontri, si rifornisce di quello di cui ha bisogno e concentra gran parte della sua forza. Il cartello di Jalisco è presente nel Guanajuato e nello stato del Messico, e il controllo sul Querétaro gli permetterebbe di collegare questi territori. Ci sono almeno altre due cellule importanti nella regione: La Familia Michoacana e le mafie locali coinvolte nel traffico di carburante.

Le autorità hanno annunciato l’arresto di una persona, ma non hanno fatto il nome di nessun cartello né hanno specificato il movente della strage. Saucedo avanza tre ipotesi. La prima possibilità è il cosiddetto cobro de piso, le estorsioni della criminalità organizzata alle imprese. L’altra è l’assalto a un punto di spaccio di un gruppo rivale, anche se non ci sono notizie di stupefacenti sulla scena del crimine. Una terza ipotesi è che uno dei cartelli abbia scelto di “scaldare la piazza”, cioè di destabilizzare i territori controllati dagli avversari. Per l’angolo di tiro e i video delle raffiche contro i commensali, secondo Saucedo è probabile che sia stato un attentato terroristico contro la popolazione civile.

Le minacce di Trump

L’opposizione ha fatto subito pressione sul governo progressista di Sheinbaum. “La strategia di sicurezza annunciata un mese fa dev’essere applicata con urgenza”, ha dichiarato l’ex candidata presidenziale del Partito d’azione nazionale (Pan, all’opposizione) Xóchitl Gálvez. E ha aggiunto che la politica di sicurezza messa in atto dal governo precedente di Andrés Manuel López Obrador (dello stesso partito di Sheinbaum, Morena), nota come “abbracci e non pallottole”, non basta a fermare la violenza. Infine ha esortato la presidente a mantenere le promesse fatte in campagna elettorale: rafforzare le capacità d’intelligence, indagine e coordinamento delle forze dello stato. Anche il Partito rivoluzionario istituzionale (Pri) ha criticato il governo e Morena. “L’attacco ha rivelato l’incapacità delle autorità di garantire la sicurezza”, ha dichiarato il lea­der del Pri Alejandro Alito Moreno. Le critiche dell’opposizione si concentrano sulle violenze delle ultime settimane: l’esplosione di due autobombe a Guanajuato, la decapitazione del sindaco di Chilpancingo, nello stato di Guerrero, il ritrovamento di undici corpi all’interno di un furgone nella stessa città e la guerra interna al cartello di Sinaloa che ha già ucciso circa 320 persone.

“Quando ci sono episodi di violenza i giornali si riempiono di notizie, ma è raro che si riconosca quando c’è un lavoro serio, costante e disciplinato”, ha detto Sheinbaum dallo Zacatecas, lo stato dove, secondo le sue parole, gli omicidi sono diminuiti di più.

La vittoria di Donald Trump ha allarmato il Messico, perché si prevedono nuove pressioni sulla sicurezza. Da anni il repubblicano minaccia di inserire i cartelli della droga tra i gruppi terroristici, con l’idea di giustificare, in violazione del diritto internazionale, operazioni militari nel paese vicino. L’opposizione messicana ha cavalcato l’idea di etichettare come “terroristi” i cartelli della droga, anche se questa possibilità metterebbe il paese in una situazione delicata. “L’opposizione sta chiedendo un intervento straniero”, ha detto Sheinbaum.

Divisioni politiche

La presidente sa di non poter correre rischi con Trump, che tornerà alla Casa Bianca con più potere per mettere in pratica le sue minacce. Il massacro di Querétaro è l’ennesimo esempio dell’ondata di violenza che vive il Messico, ma ha anche fatto emergere le divisioni politiche tra i partiti. A un estremo, il Pan e il Pri cercano di capitalizzare la violenza che ha segnato il nuovo ciclo politico dopo l’elezione di Sheinbaum; all’altro, il governo di Morena minimizza gli incidenti e accusa gli avversari di alimentare campagne diffamatorie.

A farsi sentire di più, però, è la criminalità organizzata. In un paese che pensa di aver visto ormai di tutto in più di vent’anni di guerra alla droga, il narcotraffico ogni settimana compie attacchi, omicidi e attentati per mandare messaggi ai nemici, intimidire le autorità e terrorizzare la popolazione. Questa violenza non è casuale. È più raffinata di prima ed è la sfida più difficile che il governo di Sheinbaum deve affrontare. Corrode la fiducia della popolazione, condiziona la politica, semina il caos in ampie zone del paese, mette a dura prova le relazioni con gli Stati Uniti e costa al Messico quasi il 20 per cento del pil ogni anno (245 miliardi di dollari, secondo l’Institute for economics and peace, un centro studi con sede in Australia). E soprattutto distrugge vite umane. ◆fr

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Questo articolo è uscito sul numero 1589 di Internazionale, a pagina 32. Compra questo numero | Abbonati